Ad Link

sabato 30 aprile 2011

Habemus Papam


Riuniti in conclave, i cardinali eleggono a sorpresa monsignor Melville. Dopo alcune esitazioni, egli accetta la nomina. Ma al momento di benedire la folla, i nervi, crollano.

Può un film sul Papa non avere niente a che vedere con la chiesa e la fede? Sì, e Moretti lo dimostra con il suo bel Habemus Papam. Il crollo di Melville non è dettato dalla mancanza di fede ( "ha problemi con la fede?") o dai dubbi religiosi, ma dalla consapevolezza della propria limitatezza umana. Dall'essere conscio di non poter assolvere ai compiti a lui demandati. Moretti gioca infatti sul peso che le altrui aspettative hanno nella vita di chi è costretto a guidare il gregge ("forse sono fatto più per essere condotto che per condurre"), sul peso del potere nelle vite umane, sulla responsabilità e la relativa fuga. Ma lo fa girando un film leggero, compatto, a tratti comico (impagabile alcuni siparietti tra il Moretti psicologo ["sono il migliore, me lo dicono tutti"] ed i cardinali), e mai banale.

Attori pressoché perfetti, Piccoli impagabile, musiche discrete. E Margherita Buy che non fa l'isterica: meglio di così!


Voto: 7

Sabato pomeriggio, Roma


Succedeva che era un Sabato di Aprile, a Roma.

I pomeriggi tedeschi erano ben lontani. Quando ci si alzava alle 8 e si stava fino a notte fonda insieme, senza soldi, si girava per mercatini, alla sera si mangiava un panino (ma non più di 2 euro eh) e si bevevano una o due birre. Ci si prendeva per mano. Si parlava inglese e portoghese. Si scherzava su tutto. Si citava Saramago. Si camminava con i nostri felpini scemi da poveri. Si sorrideva e ci si baciava. Si pianificava il giorno dopo (lei letteralmente, io metaforicamente), si correva per prendere il bus 52 (tranquilli: ce n'era uno ogni 7 minuti), e nei visi c'era una tranquilla e disperata soddisfazione. Le serate tedesche erano lontane e ancora di più quelle austriache. Quando per essere contenti e felici e soddisfatti e pieni di vita, nn serviva nemmeno una birra. Lì bastava davvero solo respirare. Tutto era in divenire, eppure il presente era già perfetto. La Sporgasse era la via perfetta, il cielo di Graz era terso, e la gente simpatica, bella, educata. Tutti eravamo migliori.
Ho scritto al plurale? Scusate: cambiate tutto al singolare. Lei tanto recitava la sua parte. Bene, benissimo.

E ora a Roma, pioveva. Tra poco sarei stato in giro, senza aspettative e senza più troppa vita. Sì, magari al 4o spritz avrei sorriso un po', tanto per. Avrei fatto finta d'essere vivo. Avrei persino riso, forse. Sarei andato al cinema a vedere un buon film (Habemus Papam). Magari avrei persino dato un bacio, succede. Eppure, nella mia vita precedente, quando tutti parlavano tedesco intorno a me, non avevo bisogno dei film per riempire le ore. Per riempire di vita una esistenza che straboccava di entusiasmo.

Era successo che era Sabato pomeriggio. A Roma. Fuori pioveva, e tutto era già fuggito.

Già.

lunedì 25 aprile 2011

Una giornata particolare - Via Tasso


Abbiam camminato lungo la via. Poi siamo entrati. Al pianterreno c'erano 4 poliziotti e 3 carabinieri.

"Guarda te se c'è qualche politico del cazzo e a noi non ci fanno entrare.."

Ma non c'era nessun politico. I servitori della stato erano lì per ragioni a noi ignote. Forse dovevano far presenza, nel caso arrivasse qualche animale fascista a far casino.
I servitori dello stato avevano ignorato il mio freddo "buondì", ed erano tornati immediatamente alle loro discussioni sui massimi sistemi:


"Ma il bagno?"
"E' qui, la prima a sinistra"
"E' occupato!"
"C'è il collega"
"Che tempo oggi è?"
"Non si può proprio.."
"Oi mettiti in fila per il bagno eheh"
"Eh tutti lì dobbiamo andare"

Li avevo ignorati con garbo. Tra l'altro, li pagavo io, i servitori dello stato.

Allora avevo firmato il registro, ed avevo cominciato a guardarmi intorno. Il museo era come l'avevo lasciato 5 anni addietro: sobrio, ben ideato, povero, totalmente privo di fascino turistico, con un aura di eroismo civico aleggiante. C'era la foto di don Pappagallo (Aldo Fabrizi di Roma Città Aperta, insomma), c'era quella di Bruno Buozzi, e c'erano quelle delle altre decine di persone torturate lì.

Ecco, chi segue un po' il blog, e chi mi conosce un minimo, sa bene che odio la retorica. Odio il populismo facile. La mistica del passato e l'esaltazione di ciò che è stato. Ma come si faceva a rimanere impassibili di fronte alle testimonianze? Le lettere? Le parole incise nel cemento: di dolore, rabbia, rassegnazione e fiducia? Come si faceva a rimanere insensibili di fronte alla morte altrui, la morte disinteressata di qualcuno, mosso unicamente dall'amore, dal civismo, dal patriottismo, (quando ancora questa parola aveva un senso), dal bene pubblico. Come si faceva?

Si parlava tanto delle persone che sotto tortura non parlarono. Non rivelarono nomi, dati, luoghi. Bene, ma non si dimentichi di chi parlò. Non si dimentichi chi sotto tortura parlò. Non si facciano classifiche di eroismo. Per favore.

Scorgevo foto, descrizioni, biografie, vestiti unti di sangue, libri e rapporti scritti in tedesco. Ad ogni nuovo nome, facevo fatica, a trattenere una lacrima: non per sciocca etica della virilità, ma solo per un sussulto di dignità. Mi sembrava così stonato, cosi egoistico, piangere in un luogo dove eran state torturate persone; versare lacrime da 27enne a cui niente è mai mancato, di fronte a chi una mattina s'era alzato e aveva deciso che era tempo di morire, pur di far star bene gli altri.

La tv era rotta, niente materiali audiovisivi. Pazienza. Normale in un paese come il nostro: vengono comprate case a loro insaputa ai ministri, il presidente del consiglio è indagato tutti i giorni per fatti esecrabili, vengono assunti amici degli amici, (ex?) mignotte siedono nei consigli regionali,  in parlamento gira di tutto, ma poi, i soldi per il Museo della Liberazione, mancano. E' normale. Magari entro qualche anno lo chiuderanno 'sto museo. Ci metteranno un bel negozio di souvenirs. Renderà di più. Sarà più profittevole.

Poi la visita era finita. In due ore passate lì, saranno entrate al massimo altre 5 persone. A quanto pare, non interessava poi tanto, agli italiani, il Museo della Liberazione di Via Tasso.

Normale, in questo paese di animali.

venerdì 22 aprile 2011

Quando non respirerò più


Quando i miei insulsi occhi avranno smesso di funzionare, ed il cuore di battere, e andrò seppellito, quando sarò morto, senza più nemmeno una goccia di petrolio nelle vene, per favore:

non dite che ero una persona generosa, e non invitate i barboni
non dite che ero simpatico, e tenete lontano gli amici
non dire che ero un grande amante, e nascondete la bara dalle donne che ho avuto
non dire che ero colto, e bruciate i miei libri
non dite che ero sensibile, e buttate le poesie
non dite che ero vivo, e seppellitemi due volte

quando avrò esalato l'ultimo odioso respiro, vi prego:

sotterratemi subito, non permettete che si piangano lacrime finte, non osate fare di me un cittadino integrato, ma da morto, non dite che ho vissuto, ho dato, non dite che ho pianto e che ho riso. Non ricordate a nessuno che ho avuto stati d'animo, e non pensate che ho sognato. Che ho camminato, per Roma, Graz e Berlino. Non lo fate. Scavate, subito, più che potete, e gettate quell'insulso cadavere nella fossa. Ve lo chiedo ora, in ginocchio.

Quando sarò morto, non osate ricordare a nessuno che sangue scorreva nelle mie arterie, fino a pochi decenni prima. Quando sarò morto, fate un passo in avanti e guardate di fronte a voi. Non mettete Schubert, non suonate Mozart. Lasciate che il suono degli eterni lavori pubblici copra qualsiasi lamento ipocrita.

Quando sarò morto, fate lo stesso che avete fatto quando avevo provato ad essere vivo: sorridetemi e dimenticatemi.

Questa è una preghiera.

sabato 16 aprile 2011

Scegliere


M'ero stancato pure io di dover scegliere ragazze, lavori, marche di birra, follower su twitter, orari degli autobus, colori per i muri della casa che non avevo, momento in cui presentare il 730, camicie, video da postare sul blog, libri da acquistare in sconto, futuri parenti, gusti del gelato, persone da salutare, smartphone nuovi. Sì, m'ero stufato. Di nuovo. Era successo un paio di giorni fa. Di nuovo.

E ora, allora, occorreva fuggire.

martedì 12 aprile 2011

Tropa de Elite 2 - O Inimigo Agora é Outro



Il capitano Nascimento, a causa di una operazione non ben gestita, viene "promosso" in ufficio, nei servizi strategici di sicurezza. Si accorgerà, (presto) che il crimine non alberga solo a casa dei narcotrafficanti.

Dopo lo strepitoso successo del primo capitolo, era prevedibile un sequel. Padilha riesce nell'impresa di smentire la regola che vuole i seguiti sempre peggiori degli originali: Tropa de Elite 2 è migliore del suo predecessore. La dove nel primo capitolo veniva dato spazio esagerato alla via fascista del BOPE come unica soluzione ai problemi di Rio, ora la situazione viene presentata in modo più complesso e profondo. Il sistema, è ramificato ovunque, e la sua testa è nella politica. Gli intrecci tra polizia, potere politico, media e mondo del crimine sono messi in luce con la giusta dose di realismo e fiction, in modo che il film non risulti mai lento, pur mantenendo la sua verve di denucia e divulgativa. Certo, vi sono concessioni di cattivo gusto al botteghino (era davvero fondamentale che l'ex moglie di Nascimento fosse diventata la compagna del deputato progressista, il "Che Guevara dell'ufficio?"),ed in generale, i momenti privati non sono all'altezza di quelli pubblici, ma rimane, il senso profondo di un lavoro etico, non manicheo, che mette in luce gli orrori di un sistema completamente marcio, dove il malaffare e la corruzione sono all'ordine del giorno. Vien da chiedersi perché, film del genere non vengano più prodotti in Italia. Forse non basterebbero 120 minuti.

Finale che lascia presagire un terzo capitolo.

Voto 7+ /10

lunedì 11 aprile 2011

Les enfants qui s'aiment - Jacques Prévert



E' una (bella) poesia di Prevert, che ho scoperto, leggendo questo blog, di Martina. Sì, sì il blog si apre con  una citazione di Baricco, purtroppo. Ma perdoniamo ^__^




I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore.




Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage, leur mépris, leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour

Sono tremendo - Rocky Roberts



Sì, sì, ok, è una canzone scema.
Sì, sì, va bene, non riesco ad essere poi tanto tremendo: mi manca un po' il coraggio di esserlo.
Sì, sì, succede anche che "qualcuna mi resista".
Sì, sì, certo, quella con cui ho insistito, se n'è andata una mattina e addio.

Sì,sì è tutto giusto.

Però, mentre la sentivo, mi piaceva credere parlasse di me. E sorridevo.

domenica 10 aprile 2011

Le Professionel - Una scena



Come una colonna sonora meravigliosa (Morricone) può nobilitare un film senza troppe pretese. Da vedere.

sabato 9 aprile 2011

Delivery - Till Nowak





Una piccola perla. Dura 8 minuti: guardetelo.

giovedì 7 aprile 2011

Kick Ass



"Perché nessuno ha mai provato davvero a fare il super eroe?" si chiede Dave, adolescente  newyorkese un po' sfigato senza particolari qualità.  Nell'epoca di internet, dopotutto, tutti hanno diritto al proprio quarto d'ora di celebrità.

Vaughn mette in scena il fumetto di Mark Millar, con ironia, cinismo, sarcasmo, ed esasperazione della violenza. Ne esce fuori un film quasi perfetto, senza sbavature (l'immancabile happy end, purtroppo), che può contare su un cast di attori in palla (perisno Nicolas Cage!), una colonna sonora entusiasmante, ed una regia rapida e senza tempi morti, senza che però il montaggio finale risulti troppo pubblicitario.
Il Kick-Ass, (super) eroe un po' scemo, più bravo ad incassare colpi che a darli, è un personaggio perfetto per illustrare una certa disillusione nei confronti del super-omismo e della realtà. Lo stesso "senso di giustizia" che anima Hit Girl e Super Daddy, è più tarantiniano (e quindi, vendicativo, senza pietà) che etico - morale. Non esiste più una giustizia a prescindere, innata e divina, ma solamente una personale e dettata dalla soggettività. Non a caso, tutti i "super-eroi" del film, si muovono per ragioni personali, sono, ovvero super-eroi di riflesso.
Gli omaggi non si contano, da Tarantino a Coppola, passando per Scorsese. E Hit Girl è troppo carina, quando taglia di netto le gambe ad uno spacciatore!

Voto 7+/10

Layer Cake - The Pusher



Giovane, bello e brillante trafficante di droga, decide che è ora di andare in pensione. Deve tuttavia svolgere un ultimo lavoro per il suo boss.

Dall'uscita di Le Iene, tutti i film gangster devono fare i conti con Tarantino. Layer Cake nn fa eccezione. Giocando sui dialoghi, i tempi morti,e le varie storie che si incastrano (come una torta layer, a strati), Vaughn confeziona un film godibile, frizzante, e ben interpretato. Certo, l'algido Craig può risultare indigesto, ma il suo modo disincantato di interpretare Mr XXX - non sono un gangster, sono un uomo d’affari il cui articolo si dà il caso sia la cocaina -, e la sua aria disillusa, gli conferiscono un certo fascino. Come va di moda ultimamente, è un film film thriller, di azione e gangster, in cui la polizia è assente e le donne fanno solo da tappezzeria. Normale?
Bella fotografia, colonna sonora impeccabile e cinismo dosato in modo furbo, alla Quentin, insomma. Debitore, per certi versi, anche nei confronti di Guy Ritchie.
Nessuna trovata geniale, ma un prodotto ben realizzato.

Voto 7/10

Ps

Quando i un film tutti i personaggi risultano terribilmente sgredevoli e buono o cattivo segno?

domenica 3 aprile 2011

La fotografia di Marta

Lucertola curiosa
Coccinelle colte
Italia
Matite




Flickr della fotografa


Twitter della fotografa

sabato 2 aprile 2011

Man on fire



Ex agente Cia, depresso, alcolizzato e senza più illusioni, accetta di fare da guardia del corpo ad una ragazzina ricca di Città del Messico. Il contatto con la giovane gli darà una nuova ragione di vita.

E pensare che Tony Scott voleva realizzare questo film (dal romanzo di A. J. Quinnell) da 25 anni. Evidentemente, la lunga attesa non gli ha portato consiglio. Il film è estenuante (140 minuti, manco fosse Kubrick), e senza vere qualità. Lento, con battute prevedibili (quasi alla Steven Seagal) ed una disgustosa morale buonista di fondo. Sembra essere la versione pacchiana di Kill Bill. Il montaggio, è degno di una pubblicità. Nell'accezzione peggiore del termine. Boh. Persino Wasghington sembra sottotono, quasi non ci creda nemmeno lui: in tutto il film rimane sempre la stessa espressione. Si parteggia quasi, per disperazione, con i cattivi.

Il finale, poi, è da oscar della mediocrità. Complimenti.

Voto 4.5/10

venerdì 1 aprile 2011

Amici, amanti e ...



Emma e Alan hanno carriere diverse, vite diverse, aspirazioni diverse. Decidono tuttavia di diventare "amici di letto", senza coinvolgimento emotivo. Chissà come andrà a finire.

La domanda sorge spontanea: perché? Perché si girano film come questo, senza nessuna trovata, scritti male, senza una storia vera e propria? Perché  Natalie Portman, oramai lanciatissima nella sua carriera, ha deciso di interpretare questa commediola senza senso? E sopratutto, perché Ashton Kutcher è considerato un attore? Si pensava, fino ad oggi, che fosse solo il marito twittomane di Demi Moore. Tante domande, poche risposte.
Davvero il ragazzo che vuole impegnarsi e la ragazza che vuole solo il sesso perché non si sente pronta per una storia seria sono trovate originali? Si ha l'impressione che il film sia solo un lungo episodio di una serie Tv di second'ordine. Più che sulla libertà sessuale, sembrail tema sia l'immaturità emotiva e sentimentale di una generazione.
L'immancabile happy end, sembra salvare la morale in calcio d'angolo: dopo il sesso è ora di fare le cose per bene: coccole e coppia fissa. Sic.
Unica nota degna di nota, Kevin Kline che interpreta il padre donnaiolo di Alan (Great Scott!). Ma è troppo poco.


Voto 4.5/10

Ps

Ho visto il film perché pensavo il Reitman regista fosse quello di Juno, Up in the air, Thank you for smoking. Era invece suo padre. #epicfail

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...