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domenica 29 maggio 2011

So Far Away - Dire Straits



Here I am again in this mean old town
And you're so far away from me
And where are you when the sun goes down
You're so far away from me

So far away from me
So far I just can't see
So far away from me
You're so far away from me

I'm tired of being in love and being all alone
When you're so far away from me
I'm tired of making out on the telephone
And you're so far away from me

So far away from me
So far I just can't see
So far away from me
You're so far away from me

I get so tired when I have to explain
When you're so far away from me
See you been in the sun and I've been in the rain
And you're so far away from me


So far away from me
So far I just can't see
So far away from me
You're so far away from me


E' che di domenica mattina ti eri svegliato, come al solito da un po', nauseato non solo dagli altri, ma ancor di più da te stesso. T'eri ricordato che un tempo avevi idee diverse sulla tua vita, e sul modo di doverla portare avanti. T'eri ricordato che in Austria ti alzavi, bevevi un disgustoso caffè e te ne andavi in bici, e pedalavi, senza sosta. Ti fermavi a dormire sull'erba. Progettavi ed imparavi. I campi si muovevano intorno a te, le nuvole ammonivano senza mai punirti e ti sembrava aver trovare la quadratura delle paure. Ma poi, i giorni erano passati, i luoghi cambiati e gli odori svaniti.

E ti eri ritrovato, a sentire i Dire Straits, guardando nel vuoto, e pensando: "questa canzone è meravigliosa".

sabato 28 maggio 2011

Estive em Lisboa e lembrei de você



Sono stato a Lisbona e ho pensato a te. Ero seduto sulla scalinata di Viale Glorioso e pensavo a te. Pensavo anche a me. Indossavo una camicia e un paio di jeans, la barba era sfatta, ma l'aspetto era quello scintillante del grande poeta morente. Sono stato a Lisbona, ma non ricordo più nulla. Le pagine si seguivano e Serginho scriveva della sua vita in Brasile, e rileggevo termini che la memoria aveva lentamente nascosto. Serginho aveva conosciuto una prostituta brasiliana a Lisbona, che aveva approfittato della sua ingenua buona fede, e gli aveva rubato il passaporto. Serginho era stato a Lisbona e aveva mangiato un pastel. Anch'io ne mangiai. Ero stato a Sao Paulo e avevo mangiato coxinhas e bevuto guarana. Ero stato in Brasile e mentre aveva cominciato a diluviare io avevo reagito non reagendo: continuando a camminare, lasciando che le gocce si infrangessero contro il mio sorriso da spettatore ironico. E mentre il sole scioglieva quel che rimaneva del mio cervello, e il cuore cominciava a farmi male, e il ragazzo cinese dietro di me mangiava la sua pasta insana e costosa (c'erano anche i pezzi di vetro di una Peroni che qualcuno aveva spaccato lì, per divertimento), e la ragazza che tutti i giorni si siedeva 20 scalini più in basso ma rifiutava di farmi un sorriso, e gli orari dell'ufficio ed i mezzi pubblici, mentre finivo di leggere, cominciavo a dubitare d'esserci stato a Lisbona. Non ero stato a Lisbona. Non ero stato a Sao Paulo. Parlavo portoghese perché avevo sognato un sogno in cui l'avevo appreso. Allora, avevo chiuso il libro, erano 85 pagine, avevo segnato la data, ed ero andato a bere un caffè. Non ero stato a Lisbona, ma avevo pensato a te.

domenica 22 maggio 2011

Distendersi sul binario morto


Avevo appena aperto gli occhi. E già mi guardavo con disprezzo. M'ero svegliato, disgustato dalla mia esistenza. Ero diventato totalmente incapace di prendere decisioni. Non ero in balia di nessuno, ma delle mia totale inadeguatezza. Non riuscivo più ad entusiasmarmi, se non per un libro nuovo. Sì, spesso la gente dice così, sapendo perfettamente di mentire. Ma io riuscivo a trovare una ragione per esalare un altro orrendo respiro solo nella curiosità di conoscere cosa avrebbe scritto Saramago nella pagina successiva, in alto a sinistra. Ero incapace di pensare a cosa volessi. Perché, non volevo niente. Non prendevo direzioni errate: non ne prendevo più nessuna. La mia vita diventava sempre meno interessante: oh, non nel senso che mancasse di mondanità, donne, corso o feste, no. Diventava meno interessante, nel senso che non mi interessava più. Non mi coinvolgeva. La mia vita non era più affare mio. Tutto ciò che mi sfrecciava attorno non mi sconvolgeva. Non mi toccava. Guardavo dal finestrino dell'autobus i campi e le zone extraurbane con disgusto e senza energia. La metastasi dell'inerzia distruggeva silenzionsamente le mie cellule.

Mio, io, io, mio, la mia vita, io, le mie cose, le mie azioni, le mie idee. Io, il più lurido dei pronomi. I maledetti aggettivi possessivi, vomitevoli e ridicoli.

No, la cosa più pressante della mia vita era l'orario del treno interregionale. Sì, era proprio quella.

Limitless



Scrittore fallito, lasciato dalla ragazza e senza soldi per pagare l'affitto, si imbatte in una pillola miracolosa in grado di attivare il cervello al 100% (si dice che gli umani ne sfruttino meno del 10%). La pillola, purtroppo, genera dipendenza. E non è facile uscirne.

Che il regista Neil Burger venga dal mondo dei videoclip lo si capisce sin dai titoli di testa. Non che sia un marchio d'infamia, sarebbe però stato stato interessante se oltre agli effetti speciali avesse pensato di costruire anche una storia. Dopo una prima parte stimolante (è giusto drogare il proprio io? Quali sono i limiti inespressi della mente umana?), anche il film comincia ad essere senza limiti: quindi si da il via alla parte thriller, quella sentimentale, quella politica, quella fantascientifica, quella d'azione e la commedia. C'è tutto: alta finanza e violenza, mafia russa e sesso, battute brillanti e banalità. E sopratutto, non si capisce bene dove il regista voglia andare a parare. A tratti, pare più un esercizio di stile che una pellicola. Hollywood in piena regola.
Cooper bello e bravino, De Niro oramai l'ombra di sé stesso, incapace di variare mimica.

Voto 5/10

giovedì 19 maggio 2011

Una storia d'amore finita male





Un video meraviglioso. Meraviglioso

sabato 14 maggio 2011

Angèle et Tony



Angèle è giovane, sbandata ed esce di galera. Deve recuperare la custodia del figlio, che vive dai nonni.  Si mette alla ricerca di un lavoro e di un uomo da sposare. Trova entrambi in Tony, marinaio. Ma il primo approccio non è dei migliori.

Comincia con una sveltina in cambio di una bambola di plastica, e si chiude con una corsa al mare, l'opera prima di Alix Delaporte. Lo stile sobrio, pieno di grazia, con il quale vengono raccontati i due protagonisti, ricorda quello dei fratelli Dardenne. E se inizialmente non c'è spazio né per l'amore, né per il sesso, i due riescono però a costruire lentamente un rapporto su basi serie. Su basi realmente affettive. Non è una coppia (ed un film) di dialoghi, ma di silenzi, di sguardi, di momenti. Perché la sensuale Angèla dovrebbe voler stare con il massiccio marinaio Tony? Se lo chiede lui per primo. E la risposta, potrebbe essere sbagliata.
E' un film sull'amore, ma senza enfasi, senza fuochi d'artificio. Sull'amore di coppia, ma anche su quello tra madre e figlio: Angèla, capendo che suo figlio preferisce (ancora per un po'?) stare dai nonni, gli evita il tribunale e le domande: "preferisci mamma o la nonna?".

Clotilde Hesme è bella, brava, piena di talento. E nel vederla penare sulla sua bicicletta, mentre, da sola, affronta le salite dalla vita (tutti gli altri, intorno a lei, sono in macchina, o in discesa: lei è quella destinata a faticare di più), c'è qualcosa di meraviglioso. C'è la lotta del singolo, frustrato ed isolato, che non rinuncia, non molla, e faticosamente continua a soffrire sui pedali.

Un film da vedere.


Voto: 7

giovedì 5 maggio 2011

Il Gioiellino



Come e quando la Parmalat (Leda, nel film) è fallita: connivenze politiche, truffe gestite con le banche, sprechi e cattiva gestione. E totale mancanza di etica.

Dopo La ragazza del lago, Molaioli decide di affrontare il caso Parmalat, confermandosi un regista talentuoso e capace di descrivere con bravura la (sordida) vita di provincia. Ma anche quella italiana.
La Leda, infatti, è un'azienda che "rappresenta l'Italia nel mondo" come dice un politico democristiano, protettore di Tanzi.
Malaffare, intrallazzi politici, falso in bilancio: c'è tutto dell'Italia del 2000 e degli anni '80. Remo Girone interpreta perfettamente Tanzi/Rastelli: uomo tutto casa, chiesa ed azienda, totalmente sprovvisto di etica pubblica, e disposto a tutto pur di salvare il suo "gioellino". Ma in sordina, senza alzare la voce, con il fare dal brav'uomo di provincia che s'è fatto da solo. La sua avidità, grettezza, e totale mancanza di scrupoli sembra invisibile, nascosta dietro alla sua faccia bonaria ed al suo carattere mite. L'iniziale determinazione al fine di salvare l'azienda (tecnicamente fallita sin dal 1992), diventa con il passare degli anni cupidigia, meschinità, illegalità diffusa.
Toni Servillo (ennesima buona interpretazione) è il suo fido ragioniere, irascibile, pronto alla frode ed incapace di qualsiasi slancio emotivo. Sono entrambi, facce dell'Italia, assieme al politico democristiano, che rimpiange i bei tempi. Quando si rubava tutti in allegria, senza problemi.


Malgrado la pesantezza dell'argomento trattato, il film ha pochi momenti morti (il viaggio in Russia, il ruolo del direttore del marketing), ed è ben scritto: le battute memorabili sono più d'una. Molaioli coniuga bene commedia e dramma, documentario e docufiction, senza mai perdere di mano il film.
Note stonate? Le scene erotiche tra Servillo e la Felberbaum sembrano un po' fuori luogo, ed il suicidio del direttore commerciale della Leda è rappresentato in chiave leggermente troppo patetica.

Voto: 6.5


Ps

Momenti cult:

1) Prima di incontrare il Presidente del Consiglio, Tanzi/Rastelli ricorda a suo figlio che deve ridere alle sue battute.

2) Tanzi alla Consob: "La Fiat sta fallendo, La Telecom non ne parliamo neppure, perché volete far affondare solo me?"

3) Servillo che interrogato dalla stampa si limita a: "Auguro a voi ed alle vostre famiglie una morte lunga e dolorosa"

mercoledì 4 maggio 2011

La silenziosa resistenza



E' silenzioso, e senza enfasi, senza urla, resiste. L'ombrello, è destinato a cedere, ma, per ora gli permette di non lasciarsi sommergere. E allora aspetta, cercando il coraggio di fare un passo in avanti. Il consumismo emotivo, le altrui aspettative, la forza inarrestabile dell'ineticità: deve far fronte a tutto, con la sua proverbiale mancanza di coraggio. Il suo sguardo è senza entusiasmo (si vuol bene,ma senza gioia), ma ha ancora i vecchi guizzi della sua gioventù: sorride ironico, se lo guardi bene. Sa bene, che a breve verrà travolto. Ma gli resta un'ultima bottiglia di vino, a casa.

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