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mercoledì 20 giugno 2012

I 19 viaggi del viaggiatore stanco ed insoddisfatto



Considera che giravo per il Brasile. Ok, detta così non vuol dire un cazzo: il Brasile è immenso e io non avevo visto praticamente un cazzo. Giravo per quella cittadona (700,000 abitanti!), era sera (non troppo tardi: ero pur sempre uno straniero del cazzo che metteva a stento due parole di portoghese dietro all'altra e non aveva idea di come la città vivesse al buio. Né alla luce), e me ne stavo tornando in albergo. Quello bello, grazioso, che costava tipo 70 Reais al giorno (con lo sconto!) e dove passavo le notti.

Era buffo fare zapping, trovare partite di calcio ad ogni ora, talk show, telegiornali, sentire parole nuove. Connettersi con un vecchio PC ad una wireless balbettante per seguire la finale degli Us Open, Federer- Del Potro. E vedere Federer, l'eleganza, la classe, la tecnica, la grazia, la tranquillità svizzera, perdere contro quel mostro di potenza che era Del Potro quel giorno. Federer si aiutava con la poesia, ma l'altro era una macchina implacabile, un carro armato tedesco che devastava la Francia.

Leggevo Mankell, il mio giallista svedese di allora. Sfogliavo A Folha de Sao Paulo, con interesse vivo ed ingenuo. Ascoltavo Joao Paulo e Daniel. Certo, lo sapevo che la musica faceva schifo, che era per adolescenti scemi ed adulti senza gusto, che era, come giustamente mi venne fatto notare "la musica dei cornuti", ma mi divertiva. Erano canzoni melodiche d'amore, senza pretese, eppure, nel contesto, assumevano un loro senso (Já não posso fingir - Nem tão pouco mentir pra mim mesmo - É caminhar sem rumo ao esmo, beh bello, no?). Quale? Boh. Non sono stato così bravo da interpretare tutto. 

Mangiavo cibi strani e frutta esotica. Bevevo cose divertenti (um cafezinho, por favor! - obrigado senhora!) e compravo magliette a metà tra ragazzo scemo e turista brillante. Non avevo un lavoro (ah, 3 settimane dopo sarei tristemente rincasato a Roma, con 30 Reais, due libri brasiliani [Bukowski e Machado de Assis] e un portachiavi dietro), ma una tesi da finire di scrivere, e un sacco di film da vedere.
Sì, me ne andavo anche al cinema da solo. Ero finito a vedere Frozen River, nella sala del centro commerciale, da solo. Pieno di orgoglio per la mia impresa da coglione. Avevo fatto 5 km a piedi per arrivarci. Era stata un'esperienza. Senza senso preciso sul momento, e nemmeno anni dopo. Ma da fare.

Federer, il campione, aveva perso con Del Potro, il giovane fromboliere argentino, che ad ogni diritto sembrava buttare dall'altra parte del campo secoli di umiliazioni e povertà.
Federer, il numero 1 del mondo, aveva perso.

Era successo qualcosa.

sabato 16 giugno 2012

7 declinazioni dell'orrore nella multinazionale che vendeva vestiti.




I

Mah, io cerco qualcosa sui 40-50 metri quadrati, per me andrebbe bene, due ambienti, bagno cucina.
PER 2?!
Beh sì, magari ci vivrei da solo o con la mia ragazza.
E che vivete, come gli animali?
[NDR: La tipa veniva da una regione italiana in cui vivono, di fatto, come animali]
Guarda a casa mia ci viviamo in tre, in 55 metri quadrati. T'assicuro che non mangiamo dove pisciamo. 


II

Una delle impiegate (quelle che ci credono molto importanti perché hanno un contratto fisso da anni, e credono davvero, nel loro intimo, di essere utili a qualcosa che non sia sporcare il cesso di merda) si era avvicinata a una delle capette.
Un'altra tipa ovviamente inutile, ma che riteneva di mandare avanti l'azienda. 

Ecco, questa sarebbe la mia relazione.
Hum io correggerei qui, qui e anche qui, dove userei la parola SCARPE al posto di CALZATURE.
Ma hai davvero ragione, cavolo che intuizione!
Eh sì, suona meglio.
No, ma tu scrivi vero?
In che senso?
Tu scrivi libri, poesie vero? Hai troppo talento, sei troppo dotata.



La capetta era imbarazzata per la sottoposta. Farsi leccare il culo è di solito gradito ai frustrati (quindi i quadri e capi ufficio), ma bisogna anche saperlo fare, con classe, decenza, bravura. Guardava l'altra come fosse una povera scema. Ma andava rispettata, perché s'era tutti parte della Grande Famiglia del Lavoro.

Eh, a volte scrivo i miei pensieri sai, su un taccuino.
Oh, dev'essere davvero prezioso per te.
Sì, ma non ho mai il coraggio di rileggermi, sai, scrivo cose dure.
Che brava che sei Carla, ti ammiro.

Io ero andato a vomitare.

sabato 9 giugno 2012

Wait for me



Aspettami dopo l'ultimo treno.
Quando vedi che l'ultima luce è scomparsa nella galleria, continua a guardare e a cercarmi, anche se è tardi e non ci vedi più benissimo e la stazione si sta riempiendo di emarginati, sottopagati che tornano nelle loro città dormitorio e stranieri che passeranno lì la notte.

Aspettami anche dopo che il monitor con gli orari, quello che hanno messo due anni fa, non segnerà più nessuna partenza e solo un arrivo di un Regionale Veloce previsto per 2 ore dopo. Non disperare: vai alla sala centrale e controlla il vecchio tabellone. Quello con le lettere che scorrono e cambiano finché non si posizionano tutte insieme per fornire un risultato sensato. È rotto? Non è attivo da anni? Allora segnati qual è l'ultima partenza prevista, l'ultima che appare.

Aspettami anche dopo che la stazione sarà stata chiusa, per le pulizie e per permettere anche ai binari un po' di relax. Mentre osservi quello strano limbo tra chi finisce il turno di notte e chi inizia quello di giorno anche se l'ora è la stessa. Aspettami mentre per le strade passano i camion dell'immondizia, che non servono a nulla se non a ricordarci che produciamo, consumiamo, sporchiamo, prosciughiamo.

Aspettami mentre l'odore dei cornetti avrà iniziato la sua dura lotta vincente contro quello viziato dei kebab, ed in uno strano perfetto momento li noterai perfettamente fusi, mentre arriveranno i distributori dei quotidiani (in prima pagina il noto politico della sinistra moderna arrestato per corruzione, ma lui si dice assolutamente sereno), mentre le prime automobili grigie metallizzate occuperanno il sottofondo d'ogni suono.

Aspettami, e quando finalmente mi vedrai scendere dal treno, con il mio viso un po' stanco e pensieroso,con gli occhi leggermente socchiusi ma adrenalitici, con il viso provato ma affascinante, e la pioggia che mi bagnerà leggermente la barba (l'avrò fatta 1 giorno prima), allora guardami e saltami in braccio. Il treno intanto sarà già ripartito.

Project X





Trio di liceali non proprio "cool" organizzano festa a casa di uno del gruppo, per il suo compleanno. Tra Facebook, passaparola efficace, radio e Craiglist, la voce si diffonde, ed al party arrivano un po' di più dei 50 astanti previsti.

È un po' Cloverfield con le riprese effettuate (fintamente) con una telecamera a mano, un po' Superbad con l'apparente rivincita degli sfigati, un po' Una notte da leoni con la situazione che via via precipita sempre di più. E sopratutto sembra di essere stati catapultati in un lunghissimo video di YouTube con la musica a palla e la possibilità di condividere i contenuti sui social network.

Quello che rimane, dietro alla facciata innocua del film trash è il ritratto di una generazione senza aspettative, senza prospettive, senza idee per il medio è lungo termine. Un generazione pronta a buttare ogni cosa pur di passare una notte da sballo. "Con questa notte hai buttato via il tuo futuro" si sente dire uno dei protagonisti. Ma chi gli rivolge la frase non la pronuncia con fare di condanna, ma quasi di ammirazione.

Siamo in presenza di un'orda di ragazzini che tenta di vincere la noia esistenziale e sociale attraverso l'accumulo di droga, alcol, sesso, distruzione. Senza connotare questo disagio con nulla, se non la voglia di fare o distruggere qualcosa. Pur essendo ricchi ed a tratti belli ricordano, per certi versi, quei branchi di emarginati periferici che per noia violentano turiste o studentesse: ogni mezzo diventa lecito pur di essere qualcuno e di uscire da una quotidianità non abbastanza cool

Dietro al divertimento si intravede e tratti il macabro, ed un certo odore di morte. Tutti i personaggi sono inconsistenti, vuoti, senza carattere, regrediti, violenti. Le donne mero oggetto sessuale, per maschilismo e per loro precisa volontà. Gli adulti appaiono immaturi, senza polso, incapaci di proporsi come guida morale: è il ritratto di un paese e di una società in disfacimento.


Si ride non poco, comunque.

Voto 7/10

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