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giovedì 30 giugno 2011

Yann Tiersen - Summer 78



E' che, cosa volevi capire, se non avevi mai sentito Yann Tiersen prima? Se non avevi visto Goodbye Lenin, l'odio comunista, la repressione senza pietas, il consumismo distruggere ogni tipo di rapporto umano. Se non avevi pianto per le strade tedesche, maledetto la tua vita senza appigli, se non eri tornato in bici alle 3 di notte, con il cuore sanguinanante senza che riuscissi a capirne il perché; se non eri stato umiliato ed offeso senza motivo, se non ti eri trovato senza soldi eppure felice o con 50 euro in tasca ma morto dentro, se non avevi sentito su di te il gelo del disinteresse altrui e la stanchezza dell'eterno ritorno, se non eri stato l'uomo più felice del mondo, e poi, di conseguenza, il più miserabile, se non avevi dormito tra le sue braccia 5 minuti prima che se andasse, se non eri cresciuto vedendo i tuoi odiarsi, se non avevi camminato di notte senza capire dove andare, se non eri caduto dalla bici perché la tua ruota s'era insaccata nelle rotaia del tram, ma eri con lei e allora t'eri messo a ridere, e ti faceva male il gomito, ma sorridevi, se non avevi letto di Ricardo Reis disperandoti perché il libro era finito, se non avevi pianto quando alla fine di 7 Tipi di Ambiguità, finalmente lui tornava con lei, dopo 10 anni di separazione e di ossessivo silenzio, se non riuscivi a respirare solo nel cinema, e se la tua vita non t'era sembrata le tragedia di un uomo ridicolo. Allora, non potevi capire. No.

martedì 28 giugno 2011

The Smiths - There Is a Light that Never Goes Out



E' che, l'amica (si può definire così una persona che non hai mai visto? Con la quale però condividi momenti epistolari. Non passioni amorose, non momenti pesi di vita, tu non sei il suo insegnante, lei non è la tua amante. Scrivete lettere, tutto qua. Allora, si può definire "amica"? Forse no. Ma nell'attesa di un termine migliore, la grammatica avrebbe soprasseduto.) me l'aveva consigliata. Io ero rimasto a Romeo and Juliet dei Dire Straits, Total Eclipse of the Heart di Bonnie Tyler, Nothing Compares to You di Sinead O'Connor e forse I'll Be Your Mirror dei Velvet Underground; e lei m'aveva detto di provare questa, come canzone d'amore seria.  E allora avevo inziato ad ascoltare. Perché: "And if a double-decker bus, crashes into us, to die by your side, is such a heavenly way to die, And if a ten-ton truck, kills the both of us, to die by your side,  well, the pleasure - the privilege is mine" era qualcosa non solo di profondo, senza il bisogno degli effetti speciali, ma di, fondamentalmente, vero.
To die by your side,  is such a heavenly way to die, sì, era una cosa che avrei potuto pensare, nella mia vita passata. Avrei potuto davvero desiderare di morire al suo fianco. Probabilmente non volevo morire, ma se fosse successo e fosse stata a pochi centimetri da me, avrei accettato la cosa con una strana piacevole leggerezza. Davenne, che si ricorda delle sue vite precedenti. Bandini che si ricorda di come sarebbe voluto morire quando era un'altra persona. Sì, si poteva ancora crepare senza problemi. Ma senza nemmeno l'antico privilegio, il vecchio piacere di averla al mio fianco. A questo punto, tanto valeva continuare a respirare.




Take me out tonight
Where there's music and there's people
And they're young and alive
Driving in your car
I never never want to go home
Because I haven't got one
Anymore

Take me out tonight
Because I want to see people and I
Want to see life
Driving in your car
Oh, please don't drop me home
Because it's not my home, it's their
Home, and I'm welcome no more


And if a double-decker bus
Crashes into us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten-ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well, the pleasure - the privilege is mine


Take me out tonight
Take me anywhere, I don't care
I don't care, I don't care
And in the darkened underpass
I thought Oh God, my chance has come at last
(But then a strange fear gripped me and I
Just couldn't ask)


Take me out tonight
Oh, take me anywhere, I don't care
I don't care, I don't care
Driving in your car
I never never want to go home
Because I haven't got one, da ...
Oh, I haven't got one


And if a double-decker bus
Crashes into us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten-ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well, the pleasure - the privilege is mine


Oh, There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out
There Is A Light And It Never Goes Out

sabato 25 giugno 2011

Rorschach


E' forse sociopatico.  E' allergico alle ovvie convenzioni sociali. Gira nelle notte sotto la pioggia, da solo e senza la consolazione della compagnia. Non lo aspetta nessuno a casa. Viene scansato e non fa nulla per ovviare alla cosa. Porta una maschera, perché è inutile indossare il proprio viso al giorno d'oggi. Persiste in una battaglia solitaria, che non alcun lieto fine, né speranze di risoluzione finale. E' sconfitto in partenza - dalla società, dagli eventi, dalla natura umana consumista e meschina - eppure va avanti, nel suo isolamento lercio e malato. Non gli importa più il giudizio altrui, non tiene più conto dei doveri imposti, non considera più fondamentale l'approvazione popolare. E' solipsista. Si ciba della propria miserabile esistenza, tentando di rimanere aderente ad un'etica sepolta sotto i colpi del denaro, del sesso facile, e della corruzione. Non ha più tempo per bere birre finte con gli amici, offrire bicchieri di vino alle donne seducenti, e salutare i  propri genitori in stanche conversazioni. Ha cose da fare. Ha il suo tempo da sprecare.  No, non esistono più compromessi con le abiure della legge, le violenze, la maleducazione. Niente è redimibile, eppure bisogna muoversi e vigilare, fino a ché l'ultima goccia di sangue sarà caduta nelle acque fognarie. Fino a ché l'ultimo impuro respiro sarà esalato. Fino a ché le energie saranno fuggite. E non resterà che il tempo per morire, rendendosi conto della propria inadeguatezza. E dei propri fallimenti.




giovedì 23 giugno 2011

Il pinguino renitente


Il pinguino s'era perso. Il pinguino aveva vagato per mesi e poi era approdato in Nuova Zelanda. Il pinguino era uscito dall'acqua, ma quella non era la sua terra. Il pinguino però non s'era perso d'animo. S'era guardato intorno un po' attonito e poi aveva cominciato a camminare. Il pinguino non trovava suoi simili eppure non si deprimeva. Il pinguino avrebbe continuato a camminare, sarebbe passato per l'Africa, avrebbe nuotato nell'Atlantico, sarebbe emerso in una spiaggia brasiliana e si sarebbe stabilito in Cile. Avrebbe guardato la statua di Salvador Allende e pensato al ghigno tiepido e feroce di Augusto Pinochet. Il pinguino avrebbe iniziato a leggere Saramago. Il pinguino sarebbe rimasto perplesso, inzialmente, ma poi avrebbe apprezzato il discurso indireto livre. Il pinguino aveva deciso di rompere gli schemi. No, il pinguino non ci sarebbe tornato in Antartide: era tempo di andare. Il pinguino aveva sorriso, leggendo Cecità. Il pinguino s'era perso, e non sarebbe tornato.



http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-pacific-13856024

domenica 19 giugno 2011

Red


Ex agente Cia, Frank Moses, passa le sue giornate ad annaffiare la sue piantine flirtare al telefono con l'impiegato dell'ufficio pensioni. La Cia ha però deciso di eliminarlo. Ma Frank è ancora ben allenato.

Un film che è assieme l'apologia di un certo americanismo (quando il gioco si fa duro, i duri incominciano a giocare), ma che ne è anche la sua satira, che risulta sgangherato sin dal primo minuto, che non ha idea di cosa sia la parola "coerenza", in cui i buchi nella sceneggiatura son più vistosi di quelli del Ministero del Tesoro italiano, può risultare gradevole? Sì, a patto che non si prenda minimamente sul serio. E Red non lo fa. La squadra dei "vecchietti terribili" (da 58 a 74 anni!) che Willis assolda per difendersi dalla Cia (la miglior difesa è l'attacco, no?) suscita simpatia, e le citazioni infilate qua e la in tutto il film non sono mai pretenziose (la piantina di Leon, l'aplomb "regale" della Mirren, tutti i momenti alla Tarantino,e c'è anche qualcosa di Joss il professionista). Si carbura al ritmo dell'ironia (non della satira), senza pause.
Il film è scevro da qualsiasi retorica: pur essendo i protagonisti dei personaggi positivi, mancano totalmente di quell'aura buonista e quell'odioso sottofondo etico-moralista. Certo, si devono far soldi al botteghino, quindi qua e là c'è qualche spruzzata retorica, e il cattivo è davvero cattivo, ma ci si diverte, tra alleanze con i russi, agguati al vicepresidente e primi appuntamenti amorosi al passo di manette e rapimenti. Non male.


Voto 6.5


Ps

Cameo memorabile di Ernest Borgnine.
Red, non sta per rosso o comunista, ma per Retired extremely dangerous!

sabato 18 giugno 2011

4 euro



Le avevo pagate 4 euro. 4 euro. Le mie scarpe New Balance. Le avevo pagate 4 euro in un mercato delle pulci di Monaco, 1 anno fa, e ci giravo ancora oggi. Camminavo per Trastevere con le mie scarpe da 4 euro, con le macchie arancioni e lo sfondo marrone: un po' di vitalità sobria dietro alla cupezza. 4 euro le avevo pagate: la venditrice ne voleva 5, ma l'avevo convinta a vendermele per 4. Le avevo sorriso e lei aveva accettato. E quindi erano diventate le scarpe da 4 euro e non quelle da 5. Come cambiano facilmente nomi ed attributi eh? Come cambia facilmente l'esistenza umana e quella di un paio di scarpe. Camminavo per Roma con le mie scarpe da 4 euro, che eran  già passate per strade di Monaco. Chissà da dove veniva il suo proprietario. Chissà quante altre città avevano attraversato. Chissà quante volte erano state sfilate, ai piedi di un letto, prima che il loro proprietario si lanciasse in un abbraccio, e nei baci, e nel resto verso la sua accompagnatrice. Chissà quante volte avevano aspettato,  ai piedi del letto, gli interminabili minuti dell'amore. 4 euro erano costate e ancora non erano da buttare nel secchio. Una persona può ritrovarsi senza voglia di fare nulla, è lecito. Può ritrovarsi con la vita massacrata da passati sfuggiti, e senza alcuna voglia nel presente, di costruire futuri attuabili. Può ritrovarsi con una insana voglia di scomparire. Ma con un paio di scarpe da 4 euro, è tutto più facile.  4 euro le avevo pagate, e ne avevo solo 6 in tasca. Gli altri 2 li avevo usati per comprarle "About a Boy", il libro di Nick Hornby. Le avevo scritto una dedica. Qualcosa di scemo, non so. Tipo: "in ricordo di questa giornata, ti amo". O forse: "u see: i don't like to spend money for me, but 2 euro for a book for u, is a joy, thank u to exist". Non me lo ricordo. Dovrei appuntarmi tutte le dediche che ho fatto. Chissà dov'è ora quel libro. Le mie scarpe da 4 euro sono qui, tra poco le calzerò e  me andrò in giro. Ma quel libro? L'avrà prestato senza farselo più ridare? L'avrà buttato? O sarà finito nel dimenticatoio, tra un po' di polvere ed una vecchia maglietta, in un fondo a quei cassetti che non si aprono nemmeno sotto minaccia di un bombardamento atomico sovietico. Le mie scarpe però eran costate 4 euro, questo me lo ricordo bene. Ed erano ancora qui.

domenica 12 giugno 2011

Il Ragazzo con la bicicletta


Cyril ha 12 anni e vive in  un istituto per bambini senza genitori. Il padre è andato via di casa senza lasciare informazioni. Un giorno incontra Samantha, che decide di provare a prendersi cura di lui. La convivenza non si annuncia facile.

Un film dei Dardenne (L'enfant, Il Matrimonio di Lorna, Rosetta), normalmente si riconosce dopo pochi minuti. Il Ragazzo con la bicicletta non fa eccezione: personaggi difficili, confrontati con le asprezze della vita, le piccole meschinità del genere umano, l'ambientazione periferica di disagio industriale, la possibilità di redenzione attraverso la forza dell'amore. Rifiutato del padre, (della madre non c'è traccia) Cyril si aggrappa ferocemente alla sua bicicletta, e pedala con forza, in salita e di notte, alla ricerca della propria salvezza. In questo senso è inquadrabile la "felice" e leggera pedalata finale sul lungofiume con Samantha: qualcosa è cambiato. Attorno al ragazzino si muovono adulti gretti, disinteressati, freddi, ipocriti, senza alcuna empatia. Ognuno è abbandonato al proprio destino, anche i bambini, e solamente il caso, solamente l'amore, può salvare dal baratro.

Asciutto, sobrio, amaro, minimalista, senza urla, lineare come un'infanzia travolta dal dolore. Il ragazzo con la bicicletta è l'esempio perfetto di come riuscire a coinvolgere socialmente ed emotivamente lo spettatore, semplicemente raccontando una storia. Una, come tante.

Voto 7+

Ps

Bellissima colonna sonora sulle note di Beethoven


sabato 11 giugno 2011

Un ricordo di una notte da leone


Era metà settembre 2009. Nella notte avevamo litigato. Se n'era andata alle 5, con il primo autobus. Avevamo litigato xké... boh. Era una discussione sui costumi da bagno maschili. Non ricordo altro. Lei aveva mi detto "fuck off", io le avevo risposto che era folle. Era andata a farsi una doccia e io avevo tolto da sotto il suo cuscino, il regalo che le avevo fatto (Il Cacciatore di aquiloni, O caçador de pipas) e che volevo farle trovare lì, a sorpresa. L'avevo comprato nel pomeriggio, alla libreria Siciliano. Mi ero messo a dormire ascoltando con le cuffie una replica della Gialappa's. Poi alle 5 lei mi aveva detto qualcosa. Io le avevo risposto solo "i don't wanna talk with you". Mi ero sentito offeso. Lei allora si era vestita e se n'era andata. Io avrei voluto correrle dietro, ma avevo i coglioni troppo girati. 12.000 Km per farsi insultare senza motivo, no, non ti sarei corso dietro, cara.

Alle 10 mi ero svegliato, ero andato a fare colazione. Ero in un continente che non era il mio, non conoscevo la lingua, faticavo ad orientarmi. E senza di lei, ero triste. Sì, triste, tutto qua. Ma quello era anche ed ancora il tempo in cui ancora credevo in modo assurdo, dogmatico, infantile, che saremmo rimasti sempre e comunque insieme: una donna non può mollare un uomo che lascia tutto per lei, no? E' vietato, o sbaglio? E quindi, il fatto che avessimo litigato, e che mi trovassi sperso per il Brasile, mi dava anche, in un certo senso, energia. Allora m'ero infilato una maglietta, i jeans e m'ero messo a girare per le strade brasiliane. Sì, camminavo. Guardavo le donne (chi l'ha detto che le brasiliane son tutte belle?) ed i ragazzi. Cercavo punti di riferimento in una nuova cultura. Non davo nell'occhio - sono inclassificabile, brasiliano, italiano, francese, tedesco, austriaco - ed ero persino affascinate. Dopo 1h m'ero detto che potevo andarmene al cinema. M'ero fatto a piedi a 3 km per il centro commerciale e avevo scelto Se beber nao case, (poi ho scoperto fosse Una notte da leoni, The Hangover) tanto il film era in inglese con i sottotitoli in portoghese, avrei capito. Ero entrato in  sala. Ero fiero di me: ero il 25 enne che se ne andava al cinema da solo in Brasile. Che non capiva un cazzo di portoghese  ma che girava per le strade post-coloniali. M'ero seduto in sala e le ragazzine davanti a me, m'avevano guardato con aria un po' curiosa. Chissà se il concetto di sfigato esisteva anche oltreoceano.

Il film era finito. Mi aspettavano i km per tornare indietro. Dopo un po' ero arrivato. Avevo aperto la porta. Lei dormiva, nel letto. Mi ero fatto una doccia, e poi m'ero infilato sotto le lenzuola. E l'avevo stretta a me. Era ancora il tempo dell'invincibilità e dei dogma a colazione. Già, era ancora quel tempo lì.

martedì 7 giugno 2011

Il Camminatore senza meta


Camminavo veloce. Davvero. Ero il più veloce delle città. Nessuno poteva mettere un passo davanti all'altro con la mia stessa rapidità. Ero sempre il primo ad arrivare. Il primo a varcare il marciapiedi, il primo a salire le scale, il primo a salire sul treno, il primo ad entrare nel bar, il primo a raggiungere le poltrone al cinema. Nessuno competeva con me. Non avevo rivali. Camminavo troppo velocemente per gli altri. Provavano a starmi dietro, ma non ci riuscivano. Quando vedevano la mia ombra, ero già 2 passi avanti. Ero il primo ad andare via. Il primo a sfuggire al pericolo. Il primo a lasciare il posto di lavoro. Il primo ad uscire di casa. Il primo a lasciarsi il traffico di Roma alle spalle. Il primo ad oltrepassare l'uscita della sala. Camminavo veloce. Nessun'altro mi stava dietro. Nessuno teneva i miei ritmi infernali. Di notte da solo. Sotto la pioggia ascoltando musica. Nelle vie austriache pieno di birra. Camminavo. I miei passi erano fuoco. I miei piedi erano brace viva. Le mie gambe erano acciaio. Acciaio tedesco, indistruttibile. Camminavo senza pausa, senza patire il peso della stanchezza, e degli insulti altrui. Non sentivo parole che non fossero quelle che venivano dal fegato. Non percepivo nemmeno il peso del sangue, del grumo russo scuro che si formava nello stomaco. Camminavo tagliando in due la città, le aspettative altrui ed i miei sogni morti. Camminavo contro la neve ed i sorrisi finti. Sì, camminavo. In quello ero bravo. Ero sempre il primo ad arrivare ed il primo ad andare via. Già, non mi fermavo mai. E non trovavo mai niente.

Niente.

lunedì 6 giugno 2011

Wenn das so ist



Era una canzoncina che ci avevan fatto sentire a lezione, un anno fa.

E' vero che non pensi mai a te stessa? Che non hai bisogno di nulla per te? Che nn scambi mai i regali? Che non bevi e non fumi? Che ti alzi presto e che non dimentichi mai nessuno? E che non ti arrabbi mai?  E gliel'avevo immediatamente dedicata.

Guarda che ho trovato, che bella canzone, Ah sì, Ma non ti piace, ho subito pensato a te sentendola, Mah non mi pare granché, Che entusiasmo eh, Mi pare un canzoncina scema, Eppure a me piaceva, A te, Sì, a me.

E così era passata un'altra giornata tedesca. Ma erano solo le piccole dolorose delusioni prima della coltellata finale.

Ist es wahr, dass du nie an dich selber denkst?
Ist es wahr, dass du für dich nichts brauchst?
Ist es wahr, dass du Geschenke niemals weiterverschenkst?
Ist es wahr, dass du nicht trinkst, nicht fluchst, nicht rauchst?
Ist es wahr, dass du schon beim Frühstück fröhlich bist?
Dass du niemals mürrisch bist, niemals nervös?
Ist es wahr, dass du, wenn man deinen Geburtstag vergisst,
nicht verärgert bist, nicht traurig oder bös?

Wenn das so ist, dann kann's mit uns nichts werden,
dann hätten wir wahrscheinlich immer Streit.
Wenn das so ist, dann such dir einen andern,
dann ist der Weg von mir zu dir zu weit.


Ist es wahr, dass du ein Versprechen niemals brichst?
Ist es wahr, dass du dich nie beklagst?
Ist es wahr, dass du immer erst denkst, bevor du sprichst?
Ist es wahr, dass alles wahr ist, was du sagst?
Ist es wahr, dass du sogar dein Lachen kontrollierst,
dass es nie zu lange ist und nie zu schrill?
Ist es wahr, dass du kein Wort sagst, wenn du dich zu Tode frierst?
Ist es wahr, dass du nur das willst, was ich will?

Wenn das so ist …


Ist es wahr, daß dich nie das kleinste Kopfweh plagt?
Ist es wahr, daß nie ein Kummer dich zerfrisst?
Ist es wahr, sag, stimmt es wirklich, was man über dich sagt:
Ist es wahr, daß du vollkommen bist?

Wenn das so ist …


http://www.boenzli.de/text-isteswahr-g.htm (si può sentire la canzone)

domenica 5 giugno 2011

L'odore del caffè andato a male



Volevo scrivere qualcosa ma le parole m'erano uscite dalla mente. No, siamo onesti: volevo scrivere qualcosa, ma non avevo parole in testa. Non ce le avevo e basta. Il fatto di non avere alcun talento, implica che non s'è sempre in grado di scrivere cose sensate.
Sveglio di domenica mattina, perso tra i tweet e l'odore del caffè, cercavo case in posti futuri. Pensavo ad un nuovo lavoro. Meditavo su quali stampe avrei comprato per arredare le mura della mia nuova camera da letto. Sul colore delle lenzuola, blu, o forse una fantasia da bambino. Non avevo un nuovo lavoro. Non avevo nessuna nuova casa. Ma era impellente organizzare questa (inesistenete) vita futura. Respirare nel futuro era l'antidoto imprescindibile per riuscire a far pompare il sangue nelle mie vene, adesso.
Allora sì: andare a Modena a trovare l'amico, passare per Milano a trovarne un altro, fermarsi a Pavia per bere con la ragazza che ti ricorda Juno e che vorresti avere a 5 km da casa tua per andarla a trovare in bici, come in quei film scemi che vedevi quando eri piccolo, come Jack Frusciante è uscito dal gruppo, il libro che t'era tanto piaciuto quando avevi 16 anni e sembrava tu potessi fare tutto con un po' di buona volontà, ora questa visione è sepolta sotto secoli di infamia e di umiliazioni, e poi prendere un treno per Graz, cercare una casa a Geidorf, e una volta lì, stancarsi di tutto, cominciare a cercare un lavoro a Berlino, prendere l'aereo per Tegel, affittare un appartamento in Prenzlauer Berg, dormire con qualche ragazza tedesca, fare finta di essere l'affascinante giramondo che parla 5 lingue, ma non sorride mai se non ha bevuto 4 birre chiare, e poi schifarsi, bere, ancora, finché il dolore allo stomaco non diventi insostenibile, finché non sia possibilie urlare, finché crepare sia un sollievo. Ecco facciamo così.  A lunedì, penseremo domani.

venerdì 3 giugno 2011

Traumen


Succedeva che sognavo. Purtroppo chiudevo gli occhi e perdevo il controllo della mia malinconica razionalità. Sognavo e non riuscivo più ad influenzare le decisioni del mio cervello moribondo. Sognavo. Fino a qualche anno fa riuscivo persino a sognare cose positive. Insomma, davo al verbo "sognare" la sua accezione migliore: vedere cose agognate, realizzare situazioni sperate. Ma oramai "sognare" era diventato solo un verbo privo della sua componente gioiosa e ludica. Sognare era solo l'apparizione di cose irreali mentre ero in fase rem. E allora cosa succedeva? Succedeva che la mia mente era in grado di produrre solo cose orribili. Quando sognavo A., e la cosa accadeva non di rado, non era mai negli antichi contesti felici: non era mai per le strade austriache a scambiar baci di notte, sulle spiagge brasiliane a fare gli idioti o nelle piazze tedesche a bere birra finché eravam in grado di camminare. No. Non eravamo mai una coppia. Erano solo sogni atroci. Eravamo sempre già separati. Ero già morto, insomma. Ero già sepolto sotto decenni di polvere emotiva. Lei era sempre bella, perfida e traditrice. Io ero sempre incapace di agire, ironico e perso. E il sogno andava avanti. La lama si insinuava con leggerezza comica nel mio povero stomaco. Cadevano a terra le gocce di sangue. I passanti le calpestavano. La gente umilia sempre il sangue altrui. La gente non capisce. Ed io, vivevo il momento dell'apertura degli occhi, come la liberazione. Sì, potevo tornare a patire da sveglio. Avrei almeno deciso qualcosa.

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