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martedì 7 giugno 2011

Il Camminatore senza meta


Camminavo veloce. Davvero. Ero il più veloce delle città. Nessuno poteva mettere un passo davanti all'altro con la mia stessa rapidità. Ero sempre il primo ad arrivare. Il primo a varcare il marciapiedi, il primo a salire le scale, il primo a salire sul treno, il primo ad entrare nel bar, il primo a raggiungere le poltrone al cinema. Nessuno competeva con me. Non avevo rivali. Camminavo troppo velocemente per gli altri. Provavano a starmi dietro, ma non ci riuscivano. Quando vedevano la mia ombra, ero già 2 passi avanti. Ero il primo ad andare via. Il primo a sfuggire al pericolo. Il primo a lasciare il posto di lavoro. Il primo ad uscire di casa. Il primo a lasciarsi il traffico di Roma alle spalle. Il primo ad oltrepassare l'uscita della sala. Camminavo veloce. Nessun'altro mi stava dietro. Nessuno teneva i miei ritmi infernali. Di notte da solo. Sotto la pioggia ascoltando musica. Nelle vie austriache pieno di birra. Camminavo. I miei passi erano fuoco. I miei piedi erano brace viva. Le mie gambe erano acciaio. Acciaio tedesco, indistruttibile. Camminavo senza pausa, senza patire il peso della stanchezza, e degli insulti altrui. Non sentivo parole che non fossero quelle che venivano dal fegato. Non percepivo nemmeno il peso del sangue, del grumo russo scuro che si formava nello stomaco. Camminavo tagliando in due la città, le aspettative altrui ed i miei sogni morti. Camminavo contro la neve ed i sorrisi finti. Sì, camminavo. In quello ero bravo. Ero sempre il primo ad arrivare ed il primo ad andare via. Già, non mi fermavo mai. E non trovavo mai niente.

Niente.

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