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sabato 25 giugno 2011

Rorschach


E' forse sociopatico.  E' allergico alle ovvie convenzioni sociali. Gira nelle notte sotto la pioggia, da solo e senza la consolazione della compagnia. Non lo aspetta nessuno a casa. Viene scansato e non fa nulla per ovviare alla cosa. Porta una maschera, perché è inutile indossare il proprio viso al giorno d'oggi. Persiste in una battaglia solitaria, che non alcun lieto fine, né speranze di risoluzione finale. E' sconfitto in partenza - dalla società, dagli eventi, dalla natura umana consumista e meschina - eppure va avanti, nel suo isolamento lercio e malato. Non gli importa più il giudizio altrui, non tiene più conto dei doveri imposti, non considera più fondamentale l'approvazione popolare. E' solipsista. Si ciba della propria miserabile esistenza, tentando di rimanere aderente ad un'etica sepolta sotto i colpi del denaro, del sesso facile, e della corruzione. Non ha più tempo per bere birre finte con gli amici, offrire bicchieri di vino alle donne seducenti, e salutare i  propri genitori in stanche conversazioni. Ha cose da fare. Ha il suo tempo da sprecare.  No, non esistono più compromessi con le abiure della legge, le violenze, la maleducazione. Niente è redimibile, eppure bisogna muoversi e vigilare, fino a ché l'ultima goccia di sangue sarà caduta nelle acque fognarie. Fino a ché l'ultimo impuro respiro sarà esalato. Fino a ché le energie saranno fuggite. E non resterà che il tempo per morire, rendendosi conto della propria inadeguatezza. E dei propri fallimenti.




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