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giovedì 3 novembre 2011

Catching Hell



In che modo si attivano le dinamiche legate al capro espiatorio? Qual è il ruolo dei media nel creare il mostro? Alex Gibney cerca di fornire il suo punto di vista partendo dai casi di Bill Buckner e Steve Bartman, entrambi legati al mondo del baseball. Il primo è un ex giocatore dei Boston Red Sox che nel 1986 commise un clamoroso errore (non decisivo) in un frangente topico della gara 6 (si gioca al meglio delle 7) delle finali; il secondo un tifoso dei Chicago Cubs che, nel 2003, sempre nella gara 6 (delle semifinali) si sporse per prendere un palla che stava finendo fuori campo, ostacolando un giocatore della sua squadra, e finendo per far perdere il punto (non decisivo) al team. Su entrambi, benché fossero responsabili in modo diverso, di errori non decisivi, e rimediabili, si abbatté la furia popolare ed il pubblico ludibrio. Tuttavia, mentre Buckner è un professionista, che ha messo nel conto l'essere sotto i riflettori dei media (sebbene, ne esca fuori un uomo distrutto moralmente), Bartman è solo una ragazzino (a kid, a fan) che si trova invischiato in qualcosa più grande di lui. Vive da anni nascosto, rifiutando ogni apparizione.

Gibney mostra come la mentalità animale del branco si impadronisca della folla, e che per l'uomo medio sia più facile incolpare il singolo di tutti i problemi piuttosto che analizzare la situazione complessivamente. Si parla sì, di sport, ma anche della vita in generale. Della piccolezza umana, che pur di rifuggire nei confronti della proprie responsabilità, pur di rifiutare la sconfitta, preferisce additare un singolo e caricare sulle sue spalle ogni onta e riprovazione. I due, Buckner e Bartman, sono responsabili di un errore, ma come viene mostrato chiaramente, non risultano decisivi per le sconfitte delle loro squadre. Vengono però presi come responsabili perché entrambi appaiono come i più deboli, i più facili da incolpare, i più vulnerabili. Ed i media, che pur sono consci delle proprie responsabilità, capiscono troppo tardi d'aver incentivato il mostro.

E' bravo il regista a suggerire che non siano i giocatori a dover essere perdonati dalle rispettive città per i loro errori, ma siano piuttosto loro a dover perdonare Boston e Chicago, per il modo in cui sono stati trattati, umiliati ed offesi. Se nel caso di Buckner ciò (il perdono e la riconciliazione) può avvenire grazie alla catarsi della vittoria del campionato di Boston (20 anni dopo), per Bartman è ancora impossibile: i Chicago non vincono (del resto, non lo fanno dal 1908), e lui continua a vivere nell'ombra.
Così assistiamo alle immagini del povero Bartman, con i suoi buffi auricolari, il suo cappellino da tifoso e la divisa della squadra di ragazzini di cui è allenatore, insultato da 50.000 tifosi che gli danno del coglione, mentre sprofonda sempre di più, incapace di opporre resistenza di fronte a tanta ostilità ed ad un odio così feroce quanto irrazionale.

E' un uomo solo di fronte alla stupidità umana. Ed è destinato a soccombere.

Voto 7.5/10

PS

E' un caso che entrambi gli episodi avvengano quando al potere vi fossero prima Reagan e poi Bush Jr, ovvero due campioni dell'ideologia repubblicana, dell'odio nei confronti dell'altro, della competitività ad ogni costo?

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