Sono stressato ultimamente. No, non stressato, ma sento la pressione.
E perché?
Perché non ho tempo, non ho più tempo. Il tempo sta scadendo.
No, non ero Carlito Brigante, non uscivo di galera e non avevo la mala di New York alle costole, il procuratore generale infilato nelle mutande, ed un avvocato tossicomane fuori di testa. No.
Ma il tempo stava scadendo uguale. E non potevo fare nulla di fretta. Il tempo scorreva, ogni giornata portava con sé il dramma e la grandezza della vicina ineluttabilità delle scadenze, ed ogni piccolo granello di sabbia che mi cadeva sul capo, assumeva le forma di una vecchia e mai dimenticata tortura cinese.
Il tempo scadeva e non c'erano decisioni da prendere. Non c'erano aut aut. Non c'erano ultimatum imposti da un vecchio capitano nazista*, e non c'erano debiti da pagare entro il fine settimana. Non c'era nulla di pressante, se non l'orribile percezione (non era una percezione, bensì un fatto) che il tempo stesse terminando. Il lavoro fuori, il maledetto paese che ti mandava a 2000 km da casa tua per campare in modo semi-decente.
Allora, la mattina, ci si ritrovava (il tempo che scorreva implicava anche il passaggio dal parlare in prima persona ad una più impersonale prima plurale) a leggere DFW (cos'avrà voluto dire in quel racconto?), ad ascoltare la colonna sonora di Drive (pur non sentendosi affatto un Real Hero, o forse sì?) ed a sorridere nel vedere sul monitor: I won't be ok and I won't pretend I am, So just tell me today and take my hand, Please take my hand.
Ma il tempo continuava a passare.
* Faceva parte della Wehrmacht e non aveva aderito in modo davvero convinto al nazismo. Durante gli anni dell'ascesa e del consolidamento del potere di Hitler si era limitato a pensare che le cose andassero un po' meglio rispetto a prima, e che finalmente lui e la moglie avevano i soldi per poter ridipingere il vecchio appartamento in Goethestraße ereditato dai genitori di lei. Non aveva mai maturato un acceso antisemitismo, seppure trovasse gli ebrei abbastanza ripugnanti. Ma non più di tanti altri.
Il tempo scadeva e non c'erano decisioni da prendere. Non c'erano aut aut. Non c'erano ultimatum imposti da un vecchio capitano nazista*, e non c'erano debiti da pagare entro il fine settimana. Non c'era nulla di pressante, se non l'orribile percezione (non era una percezione, bensì un fatto) che il tempo stesse terminando. Il lavoro fuori, il maledetto paese che ti mandava a 2000 km da casa tua per campare in modo semi-decente.
Allora, la mattina, ci si ritrovava (il tempo che scorreva implicava anche il passaggio dal parlare in prima persona ad una più impersonale prima plurale) a leggere DFW (cos'avrà voluto dire in quel racconto?), ad ascoltare la colonna sonora di Drive (pur non sentendosi affatto un Real Hero, o forse sì?) ed a sorridere nel vedere sul monitor: I won't be ok and I won't pretend I am, So just tell me today and take my hand, Please take my hand.
Ma il tempo continuava a passare.
* Faceva parte della Wehrmacht e non aveva aderito in modo davvero convinto al nazismo. Durante gli anni dell'ascesa e del consolidamento del potere di Hitler si era limitato a pensare che le cose andassero un po' meglio rispetto a prima, e che finalmente lui e la moglie avevano i soldi per poter ridipingere il vecchio appartamento in Goethestraße ereditato dai genitori di lei. Non aveva mai maturato un acceso antisemitismo, seppure trovasse gli ebrei abbastanza ripugnanti. Ma non più di tanti altri.
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