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martedì 2 agosto 2011

Il passato è una terra che conosco bene


La maturità implica poter guardare al passato con fermezza e raziocinio. L'età adulta porta con sé il dover affrontare il proprio passato in modo serio, permette di affrontare le proprie vicissitudini in modo globale. Gli anni che passano permettono di guardare lei, la persona con la quale hai dormito, nonché tua mancata moglie (sembra così freddo e meccanico a scriverlo così, quasi fosse l'agonia di un regime socialista nella seconda metà degli anni '50), la persona alla quale avevi deciso di dichiararti, senza usare elmi e protezioni - per un volta- , gli anni che passano, insomma, ti dovrebbero permettere di parlarle e osservarla, di accettare una telefonata o una email, di ricambiare uino sguardo, o sopportarne la felicità nella tua assenza.
Il passato è una terra straniera, ha scritto qualcuno, ma per me rimane una terra conosciuta e vivida, una terra battuta e arsa da un dolore clinico e programmatico. Un dolore burocratico. Allora, no, non posso affrontare alcun passato, alcun viso accarezzato nelle notti tedesche, alcuno sguardo intravisto tra gli scaffali della librerie di Monaco, alcuna gamba sfiorata nelle piscine fredde e gioiose. Non posso combattere con il passato perché è un nemico troppo grande per me. Perché conosco i miei limiti.
Il passato è una forza insormontabile per le mie pur forti braccia e per la mia pur sarcastica e brillante mente. Il passato mi affonda, senza che io possa chiedere aiuto: non  ho voce ed è notte e la città è vuota: i vecchi dormono, le donne pensano ai loro mariti scomparsi nella nebbia dei bistro, i bambini sognano giocattoli di legno, ed io strillo, con tutta l'energia che ho, ma nessuno può sentire, il passato copre le mie algide corde vocali e vado sempre più giù, in fondo all'Oceano Pacifico: è giusto che io affoghi lì. Il passato è troppo grande per me, e allora dedico di non affrontarlo. Preferisco nascondermi, come un ratto austriaco durante le guerre napoleoniche, come il giusto durante l'avanzata nazista a Stoccarda e come uno studente mediocre durante una riunione politica. Il passato è di ferro ed io ho in mano solo carta umida, meglio desistere, per ora.

2 commenti:

  1. Non avresti potuto scriverlo meglio. Mi viene in mente la parola contaminazione; non ricordo se l'ho letto in un libro di Nick Hornby. Essere contaminati dall'altra persona, tra musica, film, libri, parole, emozioni, luoghi e tutto un insieme di ricordi. Il passato è nel presente. Quando tutto finisce, uno vorrebbe farsi una bella doccia e scrollarsi di tutta questa contaminazione schifosa e appiccicaticcia. Come si fa? Come si fa a pensare al passato con fermezza e raziocinio? Io riesco solo a non pensarci, che già mi sembra una gran conquista.

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  2. @elisa Hai detto bene: "Io riesco solo a non pensarci, che già mi sembra una gran conquista". E' una enorme conquista. Perché pur rifiutando qualsiasi ossessione distruttiva, o violenta, e e pur avendo accettato mestamente di farti da parte, senza protestare più del dovuto e lasciandole, come è normale che sia, totale libertà, è difficile vivere in una sorta di lutto perenne per una persona più viva di te. Dovrei farmela anch'io una doccia di quelle che suggerisci: ma la mia doccia purtroppo non funziona, o meglio, forse ne dovrei fare una a base di acido muriatico. Già.

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