Lei sorrideva preoccupata.
No, non era preoccupata, ma timidamente a disagio. Aveva lasciato trasparire una cosa, un'allusione, che non aveva alcun rapporto con me, ma che l'aveva messa in disagio morale nei miei confronti. Almeno secondo lei.
Lei non mi conosceva bene, io non la conoscevo bene. L'allusione sarebbe passata in cavalleria. Nulla da espiare. Non riguardando qualcosa in comune ad entrambi, il tempo avrebbe fatto il suo corso: troppe sono le cose da ricordare, troppe le nuove informazioni, tanto che quelle non sottolineate a dovere finiscono nel posacenere sociale, spazzate via dai venticelli più innocui. Ma a lei non andava bene.
E aveva rischiato.
Sì, aveva rischiato. Puntualizzare. rettificare. Mettere le cose in chiaro. Imprimere alla serata un sussulto di serietà che poteva essere letale. Bisogna essere chiari: quando si vuole puntualizzare qualcosa, in modo forte e diretto, ad una persona poca conosciuta, si rischia di fare la figura dell'idiota. Del(la) fissata. Della disturbata. Della Socialmente Poco Accettabile, SPA. Eppure lei aveva tentato. Non s'era curata del volatile giudizio di un (semi) sconosciuto: o meglio se ne era talmente curata da voler rischiare di passare per disadattata.
Va bene, le avevo risposto. Per il primo minuto avevo effettivamente pensato che la precisazione la mettesse in una posizione grottesca, ridicola. In una posizione Non Socialmente Ottimamale, NSO. Poi però.
Poi però, i minuti erano trascorsi, i passi erano stati fatti, e la temperatura s'era abbassata. I neuroni avevano fatto il loro corso. Il sangue era passato da un'arteria all'altra. Il vento scalfiva ancora le mie braccia. E avevo mutato i pensieri, cominciando a trovare qualcosa di grandioso nelle sue parole.
Sì, grandioso.
Perché se una persona rischiava di apparire scema e fuori dal mondo, persa nell'errore di credersi l'eroina di un romanzo inglese ottocentesco per la sola ragione del volere comunicare serietà, allora c'era qualcosa di entusiasmante in lei. Gli occhi diventavano improvvisamente più luccicanti. I capelli prendevano nuova forma. Le parole cominciavano a risuonare come versi medievali letti da un poeta americano leggermente ubriaco, con una musicalità che conferiva loro vita e vigore. Ed il viso acquisiva grazia. Ed ogni frase era, se possibile, più interessante di quella che l'aveva preceduta. Uno sguardo casuale assumeva vita propria e metaforica. E nell'addio alla fermata dell'autobus c'erano i sintomi dell'arrivederci.
E mentre tornavo, imprecando per il dissesto urbano, sorridevo.
Sì, grandioso.
Perché se una persona rischiava di apparire scema e fuori dal mondo, persa nell'errore di credersi l'eroina di un romanzo inglese ottocentesco per la sola ragione del volere comunicare serietà, allora c'era qualcosa di entusiasmante in lei. Gli occhi diventavano improvvisamente più luccicanti. I capelli prendevano nuova forma. Le parole cominciavano a risuonare come versi medievali letti da un poeta americano leggermente ubriaco, con una musicalità che conferiva loro vita e vigore. Ed il viso acquisiva grazia. Ed ogni frase era, se possibile, più interessante di quella che l'aveva preceduta. Uno sguardo casuale assumeva vita propria e metaforica. E nell'addio alla fermata dell'autobus c'erano i sintomi dell'arrivederci.
E mentre tornavo, imprecando per il dissesto urbano, sorridevo.
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