La ragazza non amava le si dicesse: "ti faccio una foto", no. Lei voleva scattare foto di monumenti, cibi, piazze, amici, bottiglie e popoli in migrazione. Ma non apprezzava qualcuno le facesse fotografie. Non era un problema di essere bella, brutta, troppo magra o con i fianchi larghi. Le foto non andavano fatte. Le foto erano la morte che si metteva al lavoro, e imprimevano per sempre su un qualcosa di indefinito e digitale, un attimo che era già passato. Quando le puntavi contro la macchina, lei si girava. Non urlava o inveiva, semplicemente volgeva il viso verso la libertà. La libertà di non essere intrappolata in un file. E lo scatto, sempre troppo tardivo, restava impigliato nelle tue dita. La ragazza non amava farsi fare foto: poteva condividere ogni cosa, ma le foto no. Troppa violenza silenziosa in quei visi, troppi ricordi racchiusi in pochi pixel, lei credeva di meritare meglio. Troppa amarezza, troppa consapevolezza nella foto. Troppo materiale innocuo che il tempo avrebbe trasformato in dolore. No, lei non amava farsi fare foto.
Malinconica. Ma del resto la ragazza che non si voleva far fotografare deve esser sembrata proprio così. Küsschen.
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