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venerdì 27 gennaio 2012

La Talpa - Tinker Tailor Soldier Spy



Londra, Servizi Segreti 1973: c'è qualcuno che fa il doppio gioco con il KGB. L'agente, in pensione, Smiley  deve indagare su ordine, segreto, del governo. Ne verrà difficoltosamente a capo.

Portare sullo schermo un romanzo di Le Carré è sempre una sfida. Le trame sono sempre fitte, piene di rimandi, di intrecci - a volte non pienamente comprensibili - e di (semi) colpi di scena. Eppure Alfredson (quello di Lasciami Entrare, caso raro di film sui vampiri delicato e ben riuscito), non sbaglia quasi nulla. Le atmosfere cupe, polverose e ministeriali sono ben tradotte, e la storia mantiene una certa coerenza.  E' chiaro che il regista sia conscio che la materia sia poco chiara e poco adatta ad una spiegazione lineare (il continuo rimando ai binari che si intrecciano senza fine non è casuale), che i personaggi a volte perdano un po' di credibilità, e che qua e là ci sia qualche buco e qualche sottotrama mal spiegata (è dura seguire in 2 ore circa 10 personaggi che si muovono tra Londra, Parigi, Mosca, Istanbul e Budapest) ma nel complesso il film scorre bene.

Voto 7-/10

Ps

Belli gli scorci di Budapest ed Istanbul.
Cult, ma davvero, la cover finale de La mer, di Julio Iglesias

martedì 24 gennaio 2012

The Help



All'inizio degli anni '60, in una cittadina del Mississippi, la segregazione la fa da padrona. Razzismo esibito, ipocrisie sociali e sofferenza delle negre vengono raccontate nel libro dell'ambiziosa e genuina Skeeter, decisa a narrare il punto di vista delle ultime.

E' certamente sempre auspicabile vengano realizzati film sul razzismo, e con intenti pedagogici come The Help, che in modo semplice ed immediato danno un'idea di come potesse essere la vita negli stati del sud negli anni '60. Le esigenze di fiction però condizionano un po' troppo la piccola e alla fine si ha l'idea di aver assistito a qualcosa di patinato, elementare e un po' buonista. Manca quello scatto epico, quel momento di vera coscienza civile presente in altri film sul tema (Il Colore Viola, Mississippi Burning etc...), ed il tutto pare ridursi ad una serie innocua di banalità sociologiche e storiche confezionata per un pubblico di volenterose casalinghe democratiche. O del PD, fate voi.
Certo il film scorre bene, è ben interpretato, e non ci sono momenti morti. Ma serviva davvero? Scene finali in bilico tra patetico e ridicolo.

Voto 6/10


Ps

Durante la visione, il ragazzo al mio fianco ha ben pensato di intrattenere la sua accompagnatrice spiegandole che: "i negri pe' loro erano 'npo' come i filippini pe' noi". Cult.

domenica 22 gennaio 2012

Se ne va di nuovo



Se ne va di nuovo, Sì ci lascia e tramonta, Ma poi torna, Questo non lo so, Non hai mai certezze, E' così che dovrebbe essere, No le certezze mi servono invece, A fare cosa, A vivere serenamente ed ad andare a letto chiudendo gli occhi senza troppi tremori, E quante ne vuoi di certezze, Cosa intendi, Quante ne vuoi cinque, dieci, mille, Un mio amico diceva che il 70% andavano bene, E il 30% restante, Quello lo lasciava al caso, diceva che era meglio così, Per chi, per lui o per gli altri, Forse per entrambi, Forse, Ma non sono sicuro, Non ne sei certo vorrai dire, Esatto, fa parte del 30% che non conosco, Ma allora ritornerà, Sì, domani ritornerà, e se non lo farà avremo passato un'ultima notte credendo l'avrebbe fatto e quindi senza presagi di morte, Con le certezze necessarie insomma, Sì, con quelle e nulla di più.

E il giorno dopo, c'era di nuovo il sole.

venerdì 20 gennaio 2012

Shame



Affermato semidirigente è affetto da dipendenza dal sesso, e si trova a convivere con una sorella problematica. Il dramma è dietro l'angolo.


Il clamore per il tanto atteso film di McQueen appare un po' fuori luogo: la pellicola risulta piatta, prevedibile, a tratti persino volgare (imperdonabile il rallenti durante l'orgia) e senza una vera ragione d'essere. Le vicende di Brandon (ma Fassbender è davvero tanto affascinante?) non sono né particolarmente interessanti, né sconvolgenti sul piano emotivo. E' davvero così fondamentale scoprire che un bel 40enne si masturba in continuazione e non può fare a meno di video porno? O che, guarda un po', riesce a trombare prostitute di ogni genere, ma non la donna di cui sembra sia innamorato? La risposta è no. La Mulligan vaga per lo schermo, interpretando il suo solito ruolo da donnetta senza carattere travolta dalla vita ed il regista sembra più interessato a farci vedere quanto sia bravo nelle inquadrature che a raccontare storie. Alla fine, l'unico McQueen che si vorrebbe vedere sullo schermo, è Steve.


Voto 4.5/10

Ps

Sembra che in molte siano andate solo nella speranza di vedere Fassbender nudo: purtroppo rimaranno deluse.

martedì 10 gennaio 2012

Racconti dell'oltretomba - 73 Persone che non avresti mai voluto conoscere - #11



Aveva formato il contratto il giorno prima, ora poteva finalmente chiedere un finanziamento per quel maledetto smartphone della Apple. Non vedeva l'ora di scaricare le app, e usare gli sms con la schermata come fosse un dialogo, altro che la cosa triste che aveva adesso, in bianco e nero. 
Avrebbe preso servizio tra 10 giorni, così aveva ancora un po' di tempo libero per sistemare le questioni che aveva in sospeso. La sua ragazza aveva appreso la notizia con entusiasmo - Oh, che bello - ma senza eccessiva enfasi. Dopotutto era lui che iniziava a lavorare, mica lei. Forse avrebbe dovuto darle un paio di botte quella sera, ma non ne aveva poi tanta voglia. Sbrodarle dentro voleva dire sorbirsi poi tutte quelle lagne sull'affidabilità, il futuro, i progetti, la loro coppia. No, era meglio guardarsi un paio di troie su internet, per ora.
In famiglia invece c'era stata felicità. Dopotutto, entrare in polizia era una svolta. Un impiego statale, malattia pagata, ferie sicure, straordinari puntuali, ed il 27, fosse anche morto il Papa, lo stipendio accreditato. Doveva aprirsi un conto in banca, sì. Sua madre parlava già di lui come fosse un vero tutore della legge, il figlio ideale, padre esemplare e marito virile. Doveva fare attenzione a lui però, sempre. Suo padre gli aveva fatto sapere che gli conveniva farsi notti e straordinari, per andare in pensione prima. Sì, ne avrebbe tenuto conto. Per gli amici era stata una grande notizia, finalmente ce l'aveva fatta, sarebbe andato a guadagnare. E magari ogni tanto pesti anche qualcuno di quei cazzo di froci comunisti eh, ah-ah. Beh, ma lui non voleva menare impunemente, per chi l'avevano preso? Aveva degli obblighi da rispettare, non poteva fare come voleva. Certo che se gli fosse passato per le mani quel ricchione di sinistra che stava con lui alle superiori e faceva tanto il saputello, beh...

Lo smartphone era lucido e colorato, pulito, una meraviglia. Non gli aveva staccato gli occhi di dosso per 20 minuti. E la mancanza di tasti, quella meravigliosa fluidità. Niente polvere, niente sporcizia. Tutto alla luce del sole, senza curve o macchiette. Doveva solo passare il dito sul display e tutto appariva con semplicità. Doveva solo volere le cose per farle accadere. Era liscio come le cose pure, come le cose ovvie da fare. Non ammetteva troppi dubbi. Non lo avrebbe portato con sé il primo giorno, magari rischiava di farlo cadere o farselo rubare. Sì, erano uomini seri quelli del Corpo, ma vai a sapere. Lui non si fidava poi tanto di quelli che venivano da regioni distanti 700 km dalla sua. Quella era sempre gente da cui guardarsi. Magari simpatica il tempo di un caffè, ma non erano come lui. Cosa cazzo ne sapevano quelli.

Gli diedero la divisa e la pistola. Eh vacci con quella eh, eh-eh. La pistola. Era pesante, aveva pensato fosse più leggera e maneggiabile. Tanto non l'avrebbe probabilmente mai potuto usare. Del resto l'arma era pericolosa, implicava sempre problemi. Gliel'avevano detto subito. Meglio il manganello, fidati, è più pulito, non si sa mai chi l'ha usato, e la stampa non rompe il cazzo. Sì, ne aveva da imparare. Aveva solo bisogno di tempo.

Il 27 arrivò il primo stipendio.

lunedì 9 gennaio 2012

Racconti dell'oltretomba - 73 Persone che non avresti mai voluto conoscere - #37


La moglie non gliela dava più. Non c'era stata un momento epifanico dal quale tutto era cominciato: semplicemente, lei ad un certo punto non aveva più acconsentito. I rapporti erano passati dai 2 settimanali (i fasti dell'inizio) ai 3 al mese, per arrivare agli attuali 4 annuali. Si rispettavano le feste comandate: compleanno, anniversario, capodanno, un extra a scelta. Lui non ci faceva più caso oramai, o almeno si era convinto che non era importante e che dopotutto poteva anche farsi una sega una volta ogni tanto. Quei maledetti marocchini rubavano e stupravano, i cazzo di politici non facevano niente, il ragazzo di sua figlia era un perfetto idiota e lui avrebbe dovuto sentirsi in colpa solo perché ogni tanto se lo menava? No. Affanculo la moglie - peggio per lui se non voleva farsi sbrodare dentro -, ed i suoi genitori che le avevano impartito quell'educazione da ragazza di campagna. Coglioni. Avrebbe continuato ad organizzarsi trombate seduto sul water, mentre guardava gli schizzi di piscio finiti nei paraggi, che contribuivano a rendere più familiare l'ambiente.

Aveva ottenuto una promozione al lavoro, ora guadagnava bene e avrebbe persino, forse, potuto cambiare la macchina, se il governo non avesse alzato le tasse a breve. Quei maledetti politici erano peggio di sua moglie: succhiavano il suo nettare vitale, il frutto delle sue ore passate davanti al terminale - il suo migliore amico, si prendevano i suoi soldi, i suoi soldi.

Con i colleghi?
Con i colleghi andava tutto alla grande. Erano semplici impiegati, magazzinieri, gente umile. Che faceva il proprio lavoro senza rompere troppo il cazzo. Ogni tanto gli raccontavano una barzelletta zozza - com'era quella sulla russa lesbica? - e discutevano sulla Roma. A lui del calcio non importava nulla, ma era importante farsi vedere accorato quando se ne parlava. Quindi faceva qualche commento qua e là, senza peraltro crederci troppo. Quello che gli rodeva veramente era che sua figlia, la sua bambina, avesse cominciato ad uscire con quell'idiota. S'era presentata in casa sua mercoledì sera, con quella cazzo aria da saputello di sinistra. E lei lo aveva guardato con ammirazione, con rispetto profondo, mentre lui dall'alto dell'acne e dei suoi brufoli da segaiaolo aveva avuto l'ardire d'esprimere delle opinioni. Lui era contro la guerra. Lui era a favore dei ricchioni. Lui era contro il razzismo di questa società. Lui pensava che le cose andassero divise in modo più giusto. Povero coglione. Il pensiero che probabilmente si sbatteva già la figlia (l'immagine di sua figlia penetrata da dietro lo perseguitava) lo deprimeva. Bastavano davvero 3 idiozie criptosocialiste per convincerla a farsi sbattere dal primo venuto? A quanto pare sì. Ma tanto young Lenin non avrebbe avuto vita lunga. Probabilmente la sua bambina se ne sarebbe stufata in qualche mese, e avrebbe cominciato a farsi sbattere - da dietro - da qualcun altro.

Alle 7 aveva staccato, e s'era messo sulla via del ritorno. Il traffico non scorreva mai e alla radio davano solo quelle maledette canzoni americane che lui non capiva. Cazzo, siamo in Italia perché mai dovevano passare musica di cui non si comprendevano le parole? Accanto a lui s'era accostata una Smart. Dentro c'era una ragazza bionda, truccata. Bel vestito. Era evidente che fosse una povera idiota, iscritta fuori corso a scienze della comunicazione (ma che cazzo di laurea era?), con un fidanzato scemo che manco la scopava, ed un lavoro precario e sottopagato. Tutta questa bella merda di contorno, che comunque non contribuiva a renderla infelice, anzi. La troietta sorrideva, probabilmente perché stasera davano il suo reality preferito in TV. O forse perché aveva ricevuto un sms da un altro sfigato che voleva per l'appunto farsela un po'.
Per un attimo aveva pensato di poterla seguire, sperando lei svoltasse per qualche strada di periferia. Lei non si sarebbe accorta di nulla, poi quando avrebbe parcheggiato lui poteva uscire dalla macchina e... no, cazzo, l'aveva persa: era uscita a Boccea e lui aveva tirato dritto. Pazienza.

Aveva aperto la porta di casa, salutato con fare distratto la moglie, che gli aveva rivolto un cenno pieno d'affetto e aveva chiesto cosa ci fosse per cena. Lasagne, il suo piatto preferito. La figlia era fuori, era andata al cinema col suo ragazzo - non li trovi carini insieme? Lui sembra proprio un giovane serio e carino -a vedere quel film francese di cui tutti parlavano tanto. I francesi, un popolo di finocchi, che faceva film per finocchi che nessuno capiva e che servivano solo a riempire i coglioni. Senza peraltro poterli svuotare. Lui si sarebbe visto la partita in TV, almeno il giorno dopo al lavoro avrebbe potuto commentare con dovizia di particolari.

La moglie era andata a letto un'ora prima. La partita era finita, avevano vinto 3-1 e sua figlia ancora non era tornata. Il coglione probabilmente se la stava sbattendo in macchina.
S'alzò dal divano, andò in bagno, meditò di lavarsi i denti - non lo fece- e pisciò. Poi entrò in camera da letto, vide la moglie che dormiva di lato, con indosso quel ridicolo pigiama che le aveva regalato la sorella per Natale, e si infilò sotto le lenzuola.

Quasi quasi me la scopo, pensò.

domenica 8 gennaio 2012

The power of love - What the fuck?!



Ok, avevo bevuto un po', quindi contava di meno. Il vino libera vasi sanguigni, desideri sessuali e vecchi asti, quindi rende tutto un po' più facile, ma per la prima volta dopo quanto? - 17 mesi - avevo parlato di A., certo in modo astioso (la maledetta cagna rimaneva sempre maledetta, maldita, damned, verdammt) e pieno di odio, ma in un certo senso, liberato. No, non era stata sostituita né dimenticata. Io non sostituisco nessuno e non dimentico nessuno, men che mai lei. Io non passo uno strato d'amore presente su uno polveroso del passato, non svendo sentimenti e ricordi. Non uso persone del participio presente per meglio mandare giù quelle di quello passato. - Avevo ricordato la meravigliosa mail ricevuta: "u should thank me that i didn't already fuck with someone other." Oh really? Thank you, u'r so nice!  - Però finalmente potevo parlare della cagna (the bitch, insomma) in modo quasi normale. Senza sentire atroci dolori al petto. Senza l'impellente desiderio di avere una colt in mano. Senza sentire le lacrime pronte a dettare le loro voglie. Senza invidia verso il passato. Ricordando in modo, non divertito, ma quasi sarcastico, il terribile autunno 2009, quello, insomma.
C'era certo il tempo da ringraziare, c'era Franzen, c'era Joe Gilgun e Louie CK, c'era la bottiglia di vino a 16 euro, c'era il cinema e c'era Belfast. C'era la Banda dei brocchi, Blue ValentineThe power of love, c'ero io e c'era Pavlov da ringraziare. Proprio lui. O insomma, lei. Il lutto non sarebbe probabilmente mai finito, vestivo nero oramai, ma riuscivo insomma a considerarlo quasi come un ospite indesiderato che viveva in casa mia, senza disturbare troppo: ognuno aveva trovato i suoi spazi e la branda. Del resto da Ikea stavano a 39 euro. Un affare, no?

venerdì 6 gennaio 2012

La coppia n. #42


Si scambiavano bigliettini a colazione, come avevano visto fare in Baci Rubati. Lei era sempre truccata, e quando dimenticava (volontariamente?) di farlo non acquisiva né perdeva bellezza, ma semplicemente appariva sotto luce diversa. Lui era gradevole a giorni alterni, affascinante a seconda di quel che diceva, e aveva sempre un sacco di donne, senza capire bene a cosa servissero. In quei giorni lei leggeva un romanzo di Jane Austen, che a quanto pare stava diventando la sua scrittrice preferita, e lui rivedeva alcuni vecchi film classici francesi. Entrambi amavano le cose morte.
Giravano per i quartieri vecchi di Sarajevo cercando murales, facce marcate e birre chiare diverse da quelle di Roma. La città era un mix di tristezza riservata, fiducia nel futuro (si vedevano negozi nuovi, purtroppo non particolarmente originali), locali invitanti e posti che testimoniavano l'esistenza di un passato diverso, doloroso e decadente, come la vita di un vecchio genio incompreso. Erano stati lì per alcuni giorni, senza mai fare una sola foto. In un certo senso non ne avevano bisogno. Lei le odiava (quasi) da sempre, sin da quando aveva preso coscienza che occorreva attenzione nel farsi immortalare, che era importante. Lui le trovava noiose, ma se ne sarebbe anche fatte fare 4. Ma da quando uscivano insieme gli era balenato tra un neurone e l'altro, che non aveva bisogno di incursioni naziste dei pixel nella sua vita: andava bene così com'era. Non aveva bisogno di ricordi e byte incancellabili da un hard disk che lo avrebbe poi guardato minaccioso per lustri. Non aveva bisogno di ricordarsi digitalmente che ero stato felice, appassionato, a tratti brillante e divertito. Andava bene così. Il tempo avrebbe cancellato il 90% di quei giorni, pur preservando lei seduta di fianco alla casa con i mattoncini rossi, la canzone che avevano sentito in taxi, la lunga camminata nella periferia, senza una meta ben precisa, ed il colore dei suoi occhi. Il tempo avrebbe fatto il suo corso, passando uno strato di polvere su tutto ciò che importante non lo era. Il passato non sarebbe apparso sotto luce ingannevole, sarebbe stata la luce a mancare. Sarebbero serviti i fiammiferi. E lui, li aveva. Vecchi fiammiferi svedesi.

lunedì 2 gennaio 2012

Oramai gli alberghi usano tessere magnetiche al posto delle chiavi


C'erano i prati, ma era tutto buio e non potevo vederli. Il tassista parlava di scommesse sul calcio, l'iPhone era adagiato sulla destra a perenne monito della presenza della modernità: le app erano lì, pronte ad uccidere qualsiasi vano sentimento di libertà. C'era il ragazzo con cui avevamo preso il taxi che diceva un po' di stronzate, ma sembrava dirle bene. C'erano i cartelli stradali finalmente scritti inglese, anche se le indicazioni non mi dicevano proprio niente. C'era lei che guardava di fronte a sé in modo vagamente regale, come fosse una regina africana spodestata dal trono, e che viveva le sue giornate in preda ad un'ironia dolce e controllata. C'erano i minuti che passavano veloci: e poi stavo all'estero e quindi scorrevano ancora più implacabilmente. C'era una vecchia canzone inglese che passava alla radio, che mia sorella aveva particolarmente amato quando era al liceo. C'ero anche io, vagamente intrappolato in una strana - funny - felicità, di cui forse conoscevo l'origine, ma che era ancora difficile da gestire. Era troppa la facilità con la quale collegavo il corpo ai neuroni, i neuroni allo stomaco, le viscere al cuore, le aorte alle gambe. Troppa. E c'era l'ansia, finalmente benefica. Poi arrivammo davanti all'entrata, il bar interno era chiuso - benché sembrasse aperto - e non restò altro che farsi dare le chiavi. 

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