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venerdì 4 maggio 2012

Girare la sera per Roma




Avevi finito di crederti giornalista - eri appena uscito dall'anteprima stampa di un film francese che si dava delle arie e ora dovevi scrivere un pezzo per il quale non saresti stato pagato - e t'eri diretto verso Coppedè. Davanti a te camminava un dirigente di mezza età, stranamente non intimorito dalla tua presenza veloce ed elettrica dietro di lui. Le auto tagliavano la Nomentana senza grazia, ma mantenendo un minimo di dignità: erano le 20.35 anche per loro. Tu camminavi, senza giacca, tirava un po' di vento e ti sentivi di nuovo l'affascinante straniero in città, anche se Roma era la tua di città.

Sì perché Roma per una volta non era il ritrovo dei cafoni di periferia, i meschini signori del centro e le future zoccole ora ancora in fase pre-ormonale. No, Roma stava lì, placida e mansueta: giravano in pochi a piedi e tutti con una loro invisibile dignità. Il giorno era andato, ma la notte non aveva ancora fatto il suo giro e ti trovavi sospeso tra luce che abdicava ed il buio che ancora arrancava. Roma era di nuovo città aperta, ma senza nazisti per strada.

E Corso Trieste era la via pulita della borghesia romana, alla quale non saresti mai appartenuto - se non per economia, almeno per mentalità -e che ti ricordava la prima volta in cui lei t'aveva portato fin sotto casa sua. Io abito qui t'aveva detto, te avevi sorriso in modo ebete e tenero e te n'eri andato, verso casa tua.

Stasera invece avresti suonato il campanello e saresti entrato. C'era una serata intera da passare insieme.

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