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mercoledì 14 dicembre 2011

Una seconda versione dei fatti - La banda dei gerbellini


Ero seduto, il pub era scuro. Poca luce intorno, ma potevi ben vedere chi ti stava di fronte: era stato ben progettato. I tavoli erano di legno, come lo imponeva la tradizione e la cameriera - carina - ci aveva appena servito una birra. Chiara. Mancava una band esordiente a fare da sottofondo (anche se le canzoni che passavano non erano male - ma io non capisco un cazzo di musica) ed un po' di trambusto intorno a noi. Lei mi stava parlando di un suo compagno del liceo - e io, giuro trovavo la cosa interessantissima, sebbene esternamente sarebbe logico pensare non me ne fregasse nulla - e la tempestavo di domande. Perché ero curioso, pur cercando di non essere invadente. Lei però non disdegnava sorrisi appena accennati. Ogni tanto cercavo con lo sguardo le sue mani. Le mie le muovevo in modo regolarmente convulso, come se fossi stato morso da un serpente asiatico, ma sapessi perfettamente cosa andasse fatto. Ci guardavamo negli occhi e i miei strani neuroni venivano illuminati - sembrava avessero finalmente inventato l'energia elettrica: io ero il simbolo del capitalismo rampante e del progresso sociale, io ero la prima città illuminata - e mi balenava per la mente solamente la frase ma che davvero?. Eppure lei era lì davanti. Dovevo assolutamente trovarla qualche difetto orribile, pescare qualche confessione atroce - io odio gay, non sopporto i neri, sono contro l'aborto, ho votato GW Bush, sai, penso che leggere sia molto sopravvalutato, al cinema non vado mai perché proprio non ho tempo, i nazisti mica avevano tutti i torti - ed invece la clessidra continuava a scandire i minuti con i suoi granelli viola e nulla trapelava. Anzi: più le parole le uscivano di bocca più era chiaro non avrebbe detto nulla di sbagliato, ma avrebbe continuato imperterrita ad essere brillante senza sapere d'esserlo. Affascinante in modo sommesso ed invisibile. Non perdevo tempo a guardarle il corpo perché ero troppo concentrato a sentire fino all'ultima sillaba. Il pub era sempre vuoto. Aspettavo scoppiasse una bomba da un secondo all'altro. Ma non successe niente e tornai a casa, per una volta, con una certa ansia nei confronti del giorno dopo. E feci bene.

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