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martedì 24 dicembre 2013

Natale veneto



Camminava verso di me. Oppure correva, in modo goffo, con delle zampe che non si sa per quale ragione potessero reggere il peso di tutto il corpo. Se qualcuno entrava in casa, suonava, si avvicinava all'entrata, marcava subito il territorio: qui passi se lo dico io, e comunque avviso tutti. Non si sa mai. 
Una volta mi ha morso e ho trovato la cosa davvero inqualificabile: mordere me. Non so e non ricordo nemmeno se avessimo sviluppato i concetti minimi di empatia, ma stazionava lì, sul suo letto, a passarle amore, in quel modo incondizionato e scemo come solo i cani sanno fare.

E sentirla abbaiare scatenava in me riflessi pavloviani: ero arrivato a Treviso, avrei passato lì il pomeriggio (le giornate), avrei visto film, bevuto vino (dove cazzo fosse nascosto quello buono permane un mistero dopo anni), dormito in un letto comodo ed immenso. Erano in fondo anni eroici, con decisioni che parevano ponderate, ma erano frutto di grande improvvisazione, voglia di rischi oltre i calcoli dei 19enni, eterni viaggi in treni lenti che non arrivavano mai. 
Erano anni interessanti ed anche il cane di lei, aveva un suo preciso ruolo nella mia vita.
E sapere che ora c'ha lasciato non era una bella notizia. Per Elisa, per Niki, ed, egoisticamente, anche per me. Era in fondo, un pezzo sepolto della mia adolescenza che veniva a mancare, stavolta definitivamente.

Mi venne da piangere.

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