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domenica 30 giugno 2013

Mi piace la gente morta




Mi piace la gente morta. Perché sento retoricamente che il legame creato non può più spezzarsi. È destinato a rimanere inscindibile. Li apprezzo pensando siano vivi e quando scopro sono morti provo quasi un senso di sollievo. Non scriveranno idiozie. Non impazziranno. Non potranno deludermi. Non diventeranno cantori di ciò che disprezzo. Mi piace la gente morta, ma non per reazione contrario a quella viva. Amo anche i vivi. Accetto anche le manchevolezze, i mutamenti, i cambiamenti di chi respira. Fanno parte della realtà, e andare avanti dopo una ferita gestibile dà un certo senso di euforia.

Le persone morte hanno impresso la terra, hanno preso i loro treni e basta, ora non si può cambiare nulla. Hai fatto la tua scelta, ti piacciono o no. Certo, forse cambierai, e smetterai di apprezzarli, ma sarai te a farlo. La roccia è granitica, può cambiare solo il tuo modo di guardarla e di appoggiartici contro.
Persone morte, relazioni morte, viaggi fatti, testi scritti, voti dati, lavori compiuti, è tutto sotto terra, tutto immutabile, tutto passato nelle viscere della storia. È così.

E quindi? Quindi in casa mia voglio una foto di Impastato, ne voglio una di Bukowski, ne voglio una di Allende e ne voglio una di Truffaut. E Berlinguer.
E ne voglio una di Terzani, che scende dal suo espresso (in realtà sarà andato a 70km orari, con gravi problemi di stabilità) sovietico, arriva in una nuova città, che già guarda ed analizza con la sua intelligenza acuta, etica e critica. Mentre pensa alla prossima.

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