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domenica 31 marzo 2013

La Mia Libertà



Non scrivo da 3 mesi. Il lavoro, la mancanza di tempo, le elezioni politiche, i libri, i film, Roma che fa sempre più schifo, il fatto, sopratutto, che questo blog (il muro del pianto) abbia di fatto esaurito la sua funzione terapeutica. Tutto, insomma.

Ma ieri sera è morto Califano. Non ne sono mai stato un fan accanito (troppo romano, troppo semidelinquente, troppa cocaina, troppo apprezzato dalla feccia), ma l'ho ascoltato con piacere negli anni. E una sera, nella mia vita precedente, ottobre 2010, mentre non riuscivo a pensare, ad agire, a fare cose razionali e sensate, ma mi crogiolavo pateticamente in pianti veri e digitali finii per atterrare su La Mia Libertà. Era ossigeno.

No, non perché di fatto potessi rispecchiarmi nelle parole (all'epoca, tra l'altro, avevo avuto meno donne che cellulari), e nemmeno perché il rayban pop e l'aria da macho mi si addicessero (men ché mai in quelle settimane), ma c'erano parole, qua e là, che infondevano un po' di serenità.

Non mi fido di nessuno 
sono rose e crisantemo suono
 e canto la mia libertà.
Se sono triste suono piano,
se sono in forma canto forte
così affronto la mia sorte.

Una donna innamorata 
non ti ama per la vita
ma soltanto finché durerà
e nel giro di due ore
ti ritrovi a camminare
solo con la libertà.

Vivo la vita così alla giornata con quello che da'
sono un' artista e allora mi basta la mia libertà

Ecco, non mi fidavo più di nessuno, era l'artista (lo sapevo solo io) al quale bastava la propria libertà, potevo tornare (iniziare) ad uscire a destra e sinistra con donne mai viste, fare complimenti senza rigore e dare ogni bacio come fosse il primo. Con la soddisfazione di camminare nella notte, solo, tornando a casa, ebbro dell'odore di qualcuna.

E così andai avanti per mese, ascoltando questa canzone, ringraziando Califano di averla scritta, di aver pensato a me, 30 anni prima, a me che vagavo per Monaco senza forze, a me che tornavo in Italia, a me che conoscevo Arianna, Martina e Giada. A me che camminavo al buio, alla ricerca di autobus che non passavano mai.

***

Dopo che conobbi Pavlov, dopo qualche mese, pensai di parlarle della canzone, di mettergliela in un CD, di spiegarle il valore enorme che aveva per me, del fatto che ogni volta che la sentivo scattassero meccanismi pavloviani che mi infondevano un misto di terrore per il 2010 ed euforia per essermi lasciato tutto alle spalle. Poi rinunciai. Non avrebbe apprezzato Califano, non avrebbe amato la canzone, non avrebbe, perché era impossibile, capito il valore intangibile di quelle parole infilate le une dopo le altre.

Una donna innamorata 
non ti ama per la vita
ma soltanto finché durerà
e nel giro di due ore
ti ritrovi a camminare
solo con la libertà. 

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