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lunedì 7 maggio 2012

Le lettere della precaria romana: riceviamo e pubblichiamo


Ti sei alzata e sei andata a prendere il tuo treno (sporco, in ritardo, con il controllore che ne se frega di controllare il biglietto - che tu hai pagato e paghi da anni - pieno di ministeriali che se ne fottono di fare tardi al lavoro, tanto: 1) non devono lavorare 2) hanno sindacati che gli parano il sedere 3) chi se ne importa se un ministeriale lavora o no: non c'è nulla da fare), per fare 37 km e arrivare sul posto di lavoro devi considerare un viaggio di circa 120 minuti. 18 Chilometri orari. C'è talmente tanta gente che non solo non c'è più un posto a sedere, ma è difficile persino aprire un libro. È questa l'Italia. 

Sei arrivata, ma sei nervosa perché la sera prima hai dormito male, perché ancora non sai se ti rinnoveranno rinnovato il contratto o no. Ma guadagni talmente poco che il rinnovo o no alla fine conta poco. Ovviamente non sapendo se domani avrai ancora due spiccioli in tasca non compri mai nulla. Non consumi. Danneggi l'economia. Non ti indebiti (e del resto nemmeno potresti farlo: le banche prestano i soldi solo a chi ce li ha, e possibilmente rovina chi non ne ha), e non spendi. A pranzo prendi una rosetta (30c) e due fette di mortadella (43c), più un caffè (80c). Meno di 2€. Non compri il giornale perché costa troppo (1.20€) per il tuo stipendio (c'è anche chi lo chiama, con più decenza, rimborso spese) e quindi diventi sempre meno aggiornata su come i politici ed i datori di lavoro ti stiano fottendo vita, passato, presente e futuro. Fai anche i conti su quanto costino i preservativi. Conviene comprarli? O cercare di ottenere la pillola, ma il tuo medico è contro. Vedi quel che puoi fare.

Il tuo capo coniuga a fatica il congiuntivo, ma ha un biglietto da visita da 19 parole. Tu parli 5 lingue, hai frequentato - e finito - l'università in modo brillante, ma sei ridotta all'oblio dell'ambizione. Ti trascini stancamente, file dopo file,  cartella dopo cartella, mail dopo mail, diventando sempre più sovietica: fare il minimo per ottenere il minimo. Ricordi anche di quella volta in cui proponesti al tuo prof di fare il dottorato. Vada all'estero, qui se non conosce nessuno non ha speranze.

Sul posto di lavoro cerchi di fare il meno possibile. Perché svenarti per gente che ti sfrutta, che fa soldi sulle tue capacità e non ti offre nemmeno un contratto decente? Perché dovrei essere brillante se ti pagano 3€ l'ora? Dice che il precariato motiva a dare il meglio: in te suscita solo voglia di non fare un cazzo. Così appena puoi cerchi nuove offerte di lavoro per altri posti da precario, dove magari invece che 3 all'ora te ne daranno 4. Non hai le ferie e chiedere un giorno perché tua madre sta male e deve andare dal medico è come se avessi chiesto un aumento di stipendio. Tu lo pretendi comunque, perché non svendi la tua (invisibile) dignità ad un pezzente che crede di poterne fare uso solo perché si atteggia a tuo datore di lavoro.

E sei nervosa perché sei sfruttata e allora tratti male il tuo ragazzo. E a casa rispondi in modo sgarbato. E allora ti arrabbi ancora di più. E il giorno dopo sei ancora meno produttiva. Resti precaria, ma con meno amici e meno affetti, perché la tua frustrazione si sta impadronendo della tua vita. Ai colloqui vai sempre meno motivata, e rinunci quotidianamente ad un progetto che avevi in mente sin da quando eri adolescente. Niente più viaggio a Belgrado, niente più abbonamento al teatro col tuo ragazzo, niente più indipendenza dai tuoi, niente più giro dei ristoranti etnici (ne volevi provare 1 ogni 2 settimane, fino ai 30 anni).

La sera torni stanca, ti fai una doccia e leggi un libro di Milan Kundera. Lo Scherzo si chiama. È in tema.

2 commenti:

  1. Non avrei dovuto leggere questo post. È scritto benissimo, però adesso ho l'angoscia.

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  2. @ale contento ti sia piaciuto. Purtroppo sono fatti e parole che stanno affossando molti. Troppi. E giorno dopo giorno senti venire meno un po' più di entusiasmo.

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