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giovedì 19 aprile 2012

Riceviamo e pubblichiamo: Un ricordo di Breslavia



Ripensavo al Kurna Chata, quel ristorante carinissimo con l'arredamento artigianale dove andammo la prima sera a Breslavia.

Stavo ripensando al fatto che c'era una coppia vicino a noi, nella parte rialzata, una coppia ancora nella fase pre-contatti fisici, solo nella fase di conoscenza.

Lei era polacca, lui mi sembrava avesse un mezzo accento italiano (si sentiva poco, l'inglese lo sapeva bene), e pure di aspetto mi sembrava italiano. Non era uno di quegli italiani beceri che si vedono all'estero, era un tipo a posto, era educato, gentile con la ragazza senza il servilismo un po' piacione e ostentato di chi vuole farsi una tipa, aveva la faccia da bravo ragazzo. Insomma, uno di quelli che già alla prima occhiata ti ispirano fiducia, ti sembrano brave persone.

Mi ricordo che ero tanto felice di stare lì, eravamo in una città magica, in un posto adorabile, e mi ricordo distintamente di aver pensato che speravo che anche a quella coppia le cose riuscissero ad andare bene, che riuscissero a trovarsi, ad essere felici, ad avere un po' di serenità. 

Speravo che lei non fosse bloccata da qualche stereotipo culturale, né che fosse un'arrivista pronta a lanciarsi sul primo straniero promettente, e speravo che lui avesse valutato bene la persona che aveva di fronte, e che potesse tornare a casa e chiudere la porta con un sorriso sulle labbra e la voglia di rivederla.

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