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lunedì 16 aprile 2012

Diaz - Non pulire questo sangue




Cosa successe durante il G8 del 2001 a Genova. Come e perché si arrivò all'assalto della Scuola Diaz e alle torture della caserma di Bolzaneto.

È un film horror, non un drammatico. È difficile da digerire, pensare che tutto ciò sia avvenuto nella civile Italia, nel belpaese solamente 10 anni fa. La banalità del male mostrata, ricorda quella dei nazisti (le croci segnate col pennarello sui volti dei prigionieri), del processo ad Eichmann, delle dittature sudamericane (come mostrato nell'intenso Garage Olimpo), dei fascisti di Salò (vedere, in merito, lo straordinario film di Pasolini).
La vera anarchia è quella del potere, che tutto può.

Poliziotti alternano telefonate alle fidanzate in cui progettano l'acquisto di un biglietto per il concerto di Ricky Martin, ai pestaggi ed alle torture più efferate. Senza che ve ne sia motivo alcuno.

"Io i miei non li reggo più" dichiara un comandante della polizia ad un altro, alludendo alla voglia di menane le mani. Perché, vien da chiedersi? Perché tanta voglia di sopraffare, dando sfogo ai più bassi istinti (in)umani?  

Vicari ha il grande merito di non ridurre tutto al filmetto manicheo tra buoni e cattivi. Non esista a mostrare in apertura le scorribande dei black bloc (o chi per loro), non presenta una serie di manifestanti altamente morali, indugia persino su qualche poliziotto meno peggio degli altri. Ma non targiversa nel mostrare l'efferatezza delle scorribande compiute dai poliziotti. Non si gira dall'altra parte quando c'è da mostrare con l'indice il comportamento disumano di medici e carcerieri nella caserma di Bolzaneto. Non omette le scandalose manipolazioni compiute dalle persone in divisa.

Alcuni avranno certamente notato la totale assenza dei politici e della politica nel film. Eppure Berlusconi era lì, Fini in questura, Castelli, si dice, in caserma. Non credo sia stato un caso voler glissare sui nobili rappresentanti del popolo: Vicari punta prima di tutto sulle certezze (la sceneggiatura è tratta in parte dalle sentenze della magistratura) e non vuole che il film perda la sua aura di credibilità a favore di un incerto (almeno giudiziariamente) complottismo. Non deve essere un film sulla strategia della tensione, in cui ci sono mille indizi e zero prove, ma una denuncia seria, documentata, certa. Meglio a questo punto sottrarre (come è stato fatto) pur di poter rivendicare la totale certezza e veridicità di ciò che è stato mostrato.

Inoltre i politici avrebbero compromesso uno dei messaggi profondi del film, e cioè mostrare la cattiveria umana. L'insensibilità, la natura del branco, la crudeltà fine a sé stessa. Vedere in azione decine di esseri umani che si appropriano della dignità di altri per il puro gusto della bestialità, è un'esperienza che parla da sé, che non ha bisogno del corollario dei politici.

Può il valore di un film prescindere dalle sue qualità artistiche? Probabilmente no. Ma il film di Vicari è comunque di buona qualità. Va quindi visto non solo per "il piacere degli occhi", per il gusto della fiction e per tutte le solite motivazioni che ci portano in sala, ma anche per informarsi. Per mantenere lucida la memoria storica. Per rinsaldare la propria vocazione all'indignazione civile. Per continuare ad essere compiutamente cittadini.

Voto 7/10

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