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giovedì 8 dicembre 2011

Un nemico al giorno


Stavano uno contro l'altro, in piedi, alla fermata, a baciarsi. Era ora di pranzo, quindi erano studenti liceali, anzi: studenti della scuola secondaria: reietti inadatti ad una istruzione decente. Lui aveva una tuta bianca, lei pantaloni che le stringevano il culo. Le felpe erano piene di scritte idiote che probabilmente manco capivano. Si baciavano con una intensità pari solo alla volgarità. Lui le teneva le mani sulle chiappe. Tenere le mani sul culo non è mai particolarmente fine, ma spremerlo in pubblico, in pieno giorno, nella speranza che esca qualcosa, tipo succo d'arancia o CocaCola tende all'orribile. A lei però piaceva, visto che lo guardava con ammirazione disinteressata. Lui ogni tanto, tra un bacio e l'altro, parlava agli amici. Di roba seria, probabilmente, tipo le tette di un'altra. Poi tornava a ficcarle la lingua in bocca, in modo vagamente meccanico. Dopo qualche minuto era arrivato l'autobus, che avrebbe riportato quei rettili nelle loro paludi sottoproletarie. Lei aveva lasciato lui - evidentemente non abitavano nella stessa melma - ed era salita. Lui aveva ricominciato a parlare con gli amici prima ancora che l'autobus partisse. Li guardavo, perché m'aspettavo che lei, una volta salita, si sarebbe girata per sorridergli, fargli un cenno d'intesa - ci toccheremo ancora il culo domattina - mandargli un bacio. Invece niente. S'era seduta senza manco rivolgergli uno sguardo, e s'era messa a discutere con 3 zoccole amiche sue. Stessa razza, stessa lingua. Lui intanto aveva cominciato a parlare in tono sconcio con i suoi coetanei. Non era nemmeno cosa diceva il problema, ma come lo diceva. Come rideva, in modo gutturale, morto. Avevo sperato di incrociare lo sguardo di lui che cercava quello di lei, e andava incontro ad una delusione. Le delusioni sono i sintomi dell'innamoramento, assieme alle attese ("Sono innamorato? Sì, poiché sto aspettando"). Invece non se n'era curato. Affanculo lei, e affanculo lui. Poco contava che le rispettive salive fossero nelle gole dell'altro: ora era tempo di fare e pensare ad altro.

M'ero girato, era arrivato il mio di autobus ed ero salito su.
Una volta arrivato avrei poi aspettato lei 40 minuti.
Io avevo ancora il diritto alle attese. 

3 commenti:

  1. "Dopo qualche minuto era arrivato l'autobus, che avrebbe riportato quei rettili nelle loro paludi sottoproletarie."

    No ma senti, qui urge una conferenza Skype in cui discutiamo una tua raccolta di racconti, 'squarci di vita urbana sui mezzi pubblici' di cui io mi improvviserò agente, manager, publicist e bodyguard.

    Va fatto! Va fatto!

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  2. @paolo ah-ah a me va benissimo, trova chi compri la mia robaccia e ti puoi prendere anche il 70% dei ricavi ^_^

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  3. E basta essere così self-deprecating, e perchè mi chiami 'Paolo'? Come fanno gli inglesi...miiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

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