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martedì 6 settembre 2011

La Cgil protesta - Morto che parla


Convocano uno sciopero generale. Non si sa bene contro cosa. Contro una manovra finanziaria che nemmeno avranno letto. Ma loro sono i paladini dei diritti. Degli ultimi. Dai lavoratori.
C'è mezza Italia che vive in condizioni di precariato stabile: ovvero durevole, istituzionalizzato, senza prospettive, ma di questo il nostro glorioso sindacato non pare curarsi. Meglio difendere gli interessi di bottega dei lavoratori statali (l'apice della produttività italiana), o cercare di spuntare rinnovi di CCNL più vantaggiosi per chi ha contratti fissi. Sì, il sindacato deve pur difendere l'1% che preleva dalla busta dei gloriosi lavoratori, diamine.

Non è economicamente proficuo difendere chi una busta paga normale non ce l'ha: non porta soldi al sindacato.
Non è politicamente vantaggioso dare una mano a chi non ha diritti: a che pro? Cosa c'è di profittevole per una istituzione che dovrebbe tutelare i lavoratori, nel tutelarli davvero?
Non conviene andare in TV a parlare seriamente di precari, di due generazioni che non riescono ad andare via di casa, per le quali l'unico investimento a lungo termine possibile è pagarsi l'hotel per il fine settimana successivo. O il pieno di benzina, quando posseggono una macchina.

Meglio convocare adunate di piazza gremite di 50enni (e pensionati) con contratto a tempo indeterminato che urlano quattro insulti contro Berlusconi, il grande cattivo. Quando l'Ulivo (ve lo ricordate, l'Ulivo?), attraverso Treu, di fatto legalizzò il precariato, la CGIL dormiva.
Mentre 1, 2, 5, 7 milioni di italiani (e stranieri) vivevano (vivono) sulla propria pelle la totale mancanza di certezze, l'abuso dei propri diritti di base, la CGIL dormiva. Faceva grandi patti, e finanziava film.
Mentre venivano creati i mostri cococo, cocopro, stagismo decennale, progetto, partita iva, chiamata ed altre pornografie simili, la CGIL discuteva del rinnovo dei metalmeccanici, e del campionato di serie A.

La CGIL è un altro di quei dinosauri che ci portiamo dietro, come la quasi totalità delle classe politica, dirigenziale ed intellettuale di questo paese. Stanno lì perché devono starci per interessi personali consolidati, perché sono totalmente organici ad un sistema che affonda ogni giorno di più. L'importante non è più il fine originario, ma la conservazione del posto di potere ed i vantaggi ottenuti.

Il giorno in cui i mercati dichiareranno l'Italia insolvente, la CGIL indirà un grande sciopero contro i mercati. E porterà tutti in piazza a gridare slogan contro Trichet, Tremonti o Roberto Baggio. Tanto fa lo stesso.

2 commenti:

  1. Non fa una piega, sono incazzata nera quanto te. Se non avessi papà che mi copre il culo, a quest'ora sarei a dormire in stazione, con le mie pergamene di laurea e i miei libri come coperta. E' facile fare i capipopolo con il culo ben saldo sulla poltrona e i completi firmati che tanto non ci toglie nessuno. Voglio continuare a sperare che ci sia una vita d'uscita, ma quando?

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  2. @Iris a casa mia mangiamo con lo stipendio di mio padre. Punto. E' moralmente, eticamente, socialmente ed economicamente inaccettabile che io debba ancora vivere dai miei perché quando va bene becco un contratto di 6 mesi, ampiamente sottopagato rispetto alle mie potenzialità, al lavoro che svolgo ed al mio CV (non solo per titoli, ma anche per esperienze pregresse). La CGIL, mentre 5 milioni di persone non ha un lavoro decente (per motivi economici, contrattuali o entrambi) si preoccupa solo di pararsi il culo e di dire quattro idiozie contro Berlusconi, che fa sempre comodo. Indicono scioperi per aumentare i diritti di chi li ha già e non fanno NULLA per aiutare in modo fattivo chi non ne ha. Mi fanno vomitare. Sono né più e né meno come la casta.

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