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venerdì 26 agosto 2011

Il pinguino post-sociale




Non m'ero accorto d'esser diventato un pinguino. Eppure camminando per le vie di Roma, pareva tutto uguale intorno a me: le stanche risa delle donnine sceme, la voce volgare degli adolescenti, l'insolente arroganza dei 40enni e la mia lugubre figura riflessa nell'acqua della Fontana de' Trevi. Provavo, certo, a sfuggire in modo subdolo e capace, ma non c'era nulla da fare: le facce erano sempre le stesse. Svoltavo una via a destra, e poi passavo attraverso un  vicolo sporco e male illuminato, fino a giungere davanti ad un bar di quartiere con avventori stanchi e sconfitti (senza che lo sapessero). Potevo giusto prendere una chiara grande, aprire il libro di Saramago che tenevo in tasca, e leggere le parole, in alto sulla pagine di destra. Mi restava solo questo. Era pur meglio di niente e da qualcosa bisognava pur cominciare.

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