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mercoledì 23 febbraio 2011

Io sono l'amore



La vita quotidiana di una famiglia dell'alta borghesia imprenditoriale milanese viene sconvolta dall'avvento della modernità: persone nuove, sentimenti nuovi, economia econtemporanea.

Eppure non è così difficile. Si mostra una famiglia di ricchi industriali, la si pone in mezzo alla tormenta del cambiamento, e se ne raccolgono le ceneri. Sembra facile, no? Ed invece, a quanto pare, no. Guadagnino parte bene, affrescando nella prima mezz'ora del film, le tensioni latenti dell'elegante mondo della famiglia Recchi. Tuttavia poi, scivola nel banale, immettendo nella storia Antonio, il cuoco proletario, che con la sua vitalità, la sua fraschezza bucolica, risveglierà i sensi sopiti di alcuni dei membri della famiglia.
Teorema in salsa Melissa P. 
Ci voleva il poveraccio per far provare nuovamente l'amore all'a vecchia borghese russa. Boh.

Non è che il film manchi di eleganza, o di buoni momenti, la fotografia patinata è persino interessante, il problema è che si tratta di un'opera che ha la stessa vitalità della famiglia Recchi: nessuna. Di una lentezza esasperante, senza nerbo. Senza interesse alcuno per lo spettatore. Il passaggio dal vecchio al nuovo capitalismo non è ben messo in luce (non basta una scena didattica tra il figlio idealista e quello arrivista), né viene ben illustrato come la modernità stia mettendo in crisi la patinata ipocrisia dei Recchi ed il loro mondo costruito solo sulla menzogna.
Alla fine, rimane solo una buona interpretazione della Swinton (che strazio però le interminabili scene di sesso con Gabbriellini), ed una colonna sonora apprezzabile.


Voto 5/10

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