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venerdì 4 febbraio 2011

Coming back home


Ero appena arrivato al capolinea degli autobus. Era pieno, come al solito. Uomini stanchi e donne senza nerbo aspettavamo impassibili l'arrivo del pullman. Tornare a casa era la loro unica priorità. Gli sguardi eran vuoti, senza espressività. Erano un esercito stanco di combattere che aspettava solo il rompete le righe. Davanti a me c'era una donna rumena di mezza età e  un uomo sui 30. Puzzava in modo vergognoso. Scherzava con parole stranieri, che a sentirle risultavano tremendamente volgari.
Ovviamente l'autobus tardava ad arrivare. Nessuno se ne curava: era la normalità. Qualche sguardo verso il tabellone, nella vana speranza d'ottenere qualche notizia. Niente. Qualcosa sarebbe partito, entro un po' di tempo.
Poi, finalmente il mostro blu s'era mosso e s'era posizionato sulla banchina. Iniziava la lotta per la sopravvivenza sociale: 95 persone per 40 porti a sedere. Nessuno guardava più in faccia nessuno: la lotta sarebbe stata dura e senza esclusione di colpi. Le donne cominciavano a guaire. Gli uomini a dare spallate. Il puzzolente di fronte a me si agitava come se in ballo ci fosse la sopravvivenza della sua famiglia. Anzi: un essere simile non poteva avere una famiglia. O almeno così speravo per la l'ipotetiche moglie. E gli ipotetici figli.
Io non potevo fare molto nella lotta per l'entrata dell'autobus. Cercavo di muovermi sì. Ma non avevo né il coraggio di buttarmi nella mischia, né quello di rinunciare totalmente all'agognato posto a sedere. Non avevo il coraggio di fare niente, come al solito. E allora lanciavo occhiate ironiche e facevo un passetto in avanti, quando potevo. Intanto maledicevo questo paese di merda, l'Italia, che ci aveva ridotti a comportarci come delle bestie. Che ci trattava come insetti. Eravamo un gruppo di piccoli insetti, destinati ad essere sterminati, che nell'attesa, lottava per traguardi inutili. Odiavo l'italia. Sì. Odiavo gli Italiani che permettevano tutto ciò. Che consideravano la mediocrità non solo come una condizione da subire, ma come la normalità. Lo schifo, la violenza, l'ignoranza erano uno stile di vita. Erano le basi per la serena e civile convivenza.
E intanto i succhi gastrici cominciavano a fare il loro lavoro. Lo stomaco veniva perforato in modo lento e costante.
Perché non potevano inviare 2 autobus? Mistero.
Perché non poteva usare autobus puliti? Mistero.
Perché non si potevano rispettare gli orari? Mistero.

***

Entrato e seduto. Mi godo le comodità del sedile vecchio e puzzolente. L'autobus risale agli anni '70. Ha visto tempi migliori. Ha ospitato culi migliori. Intanto assisto allo spettacolo indecente degli altri che lottano per gli ultimi posti a sedere. Vermi. Litigano, si prendono a male parole. Cazzi vostri, animali, penso. Ch'ho un po' di compassione per un paio di signori di mezza età che sembrano essere rassegnati con dolore alla situazione. Ma poi la compassione passa. Voi 40enni avete permesso tutto ciò, accettando tutto. Accettando ogni malefatta del governo. Accettando di chiudere sempre gli occhi, di fronte allo schifo. Turandovi il naso ed andando avanti. Sì Sì, voi.
Poi si parte. Finalmente. 35 km e poi a casa. Lontano da tutto. Doccia. Cibo. Libro. Twitter. Pensieri.

Mentre sto pensando alla mia ex, ed a quanto vorrei avesse solo fidanzanti di merda, nel futuro prossimo e lontano, ecco che che parte musica araba. Mi giro alla ricerca della fonte. Due ragazzi marocchini o egiziani, stiamo lì (divento razzista ed ignorante a fine giornata. Li metto tutti insieme i cafoni: bianchi, neri, turchesi) avevano ben pensato di condividere con l'intera popolazione dell'autobus i loro gusti musicali. Esistevano le cuffiette, certo. Ma perché usarle? Perché mai mostrarsi civili in un paese di incivili? E allora tutto il viaggio con la cantilena araba a violentare i miei stanchi timpani. Penso che potrei fare qualcosa, sì, lamentarmi, dire loro che magari potrebbero rispettare gli altri. Ma poi ho un'illiminazione. Gente come loro, che impone la propria maleducazione a tutti, non è certo sensibile al concetto di rispetto. No. no. Mi beccherei un bel pugno in faccia e un paio di insulti nella lingua di Maometto. Allora, tacere. Ingoiare, come al solito. Come fanno le troie con i loro clienti. Ingoiare. Ingoiare il godimento altrui, perché la società ha fissato regole che non riesci a scalfire. Ingoiare
Stare zitto, incassare. Mancano solo 20 km a casa.
Siamo una popolazione abituata a fare pompe ed ingoiare. Come dice quel comico, "siamo in pieno orgasmo da sottomissione".


Ma la musica araba non disturba tutti. Le due ragazze di fronte a me conversano allegramente.

Il mio capo non mi ha pagato i due lunedì in cui ho lavorato a Dicembre, e perché, e che ne so, ma cosa gli hai detto, che mi doveva dare i soldi, e lui, lui ha detto "alessia non ci capiamo bene noi due..", in che senso, nel senso che dovevo stare zitta e ringraziare che mi faceva lavorare, ma che bastardo, già, e tuo marito che ha detto, niente, ha detto che era un bastardo, eh sì, sì proprio un bastardo.

I concetti di protesta, di sindacato, di denuncia, di magistratura, di avvocato del lavoro, di diritti inalienabili, di rivendicazione salariale, erano materiale troppo difficile da accettare. Erano cose strane. da gente che vuole litigare. Gente polemica.
Poi era arrivata una telefonata a una delle due.
Amore sì dimmi, ma dai, ma davvero, giuri?
Mio marito sta istallando i termosifoni a casa di Fiordaliso, cazzo!!
Non ci stava più nelle pelle. Aveva alzato di qualche tacca il tono della voce, coprendo persino le lamentele musulmane di qualche fila più indietro. Troppo grande era la sua gioia: il marito era da Fiordaliso.
Ma ce l'ha l'uomo? E Com'è la casa? Oddio che emozione. E il parquet ce l'ha?

Aveva messo giù il telefono. Ora raccontava dettagli all'amica, eccitatissima. Aveva dimenticato ogni frustrazione lavorativa. Che ti importa se il tuo datore di lavoro ti sfrutta, ti umilia, ti ruba la paga, se poi tuo marito installa termosifoni da Fiordaliso?
I temi s'erano poi spostati sulla suocere. Avevo mollato. M'ero messo le cuffie ed avevo deciso di ascoltare un po' di musica. Fare finta di isolarmi dalla merda che avevo intorno. Non che funzionasse benissimo eh. Ma pareva essere l'unica opzione possibile. Ed attuabile.

***

Era salito un ragazzo di 18 anni. Aveva messo i piedi sul sedile, contribuendo a sporcare ancora di più. L'avevo guardato disgustato.

Che cazzo te guardi ao
I tuoi piedi sul sedile
Io faccio come cazzo me pare, tanto è già sporco
Massì dai, famo tutto come cazzo ce pare, non è così che va avanti da sempre qui?

Poi era sceso, non senza lanciami un'occhiata stile: "appena ti ribbecco ti pro in due, maledetta checca".

Fatto sta che l'autobus era arrivato a destinazione. Ero sceso. Avevo mandato a fare in culo un automobilista che non mi aveva dato la precedenza sulle strisce pedonali. M'era avvicinato al portone di casa, avevo inserito la chiave nella toppa. E l'avevo girata.

Domani si ricominciava.

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