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giovedì 27 gennaio 2011

La vie ne m'apprend rien




Era successo che stamattina, mentre vagavo per la metro B, era finita nella mia playlist: "La vie ne m'apprend rien" di Daniel Balavoine. Era stata una delle basi della colonna sonora della mia vita in Austria.


Qui peut changer ce que je porte dans mon sang?
Qui a le droit de m'interdire d'être vivant?

Era stata la canzone che avevo sentito ogni giorno, mentre tornavo nella notte indietro per la Sporgasse, dopo le inutili lezioni di tedesco. E mi chiedevo cosa dovessi fare, mentre percepivo che le cose provate per un quinquennio per la mia allora ragazzavenivano spazzate via, con violenza incredibile ed inarrestabile da quelle per la ragazza brasiliana che avevo appena conosciuto a lezione. Con cui avevo parlato 5 minuti. E che però, mi bastava guardare, per sentire lo stomaco in subbuglio, il cuore in palpitazione, ed il cervello in totale orgasmo. 
Avevo conosciuto A., e la vita stava mettendo alla porta Chiara, la fedele compagna della vita tranquilla e senza sorprese degli anni precedenti. Avevo conosciuto A., e la mia esistenza di allora stava scavando la propria fossa, con facilità disarmante. Erano i tedeschi in pieno Blitzkrieg, non esisteva alcuna resistenza, militare, geografica, morale: tutto cedeva sotto il passo opprimente, marziale e sicuro della Wermacht.

Mais je n'peux pas, je n'sais pas
Et je reste planté là.


E non sapevo cosa fare, già, me lo chiedevo mentre camminavo rapido e deciso verso casa, verso Rosenbrggürtel, e poi invece lo sapevo cosa dovevo fare, era tutto così chiaro. Dovevo mollare tutto, dovevo mollare Chiara, e dovevo solo seguire la ragazza brasiliana. Era, in un certo senso, la mia ricerca della felicità, che chiedeva strada, a scapito dei diritti altrui. E della mia tranquillità. E non potevo cercare altre opzioni, era tutto così evidente. C'era solo da prendere ed andare, battere e levare.


La vie ne m'apprend rien
Je voulais juste un peu parler, choisir un train
La vie ne m'apprend rien
J'aimerais tellement m'accrocher, prendre un chemin, prendre un chemin

Già. Aggrapparsi alla vita, ed alle nuove speranze che mi venivano offerte come per miracolo. Prendere un cammino, sì, decidere, andare, correre. Non accontentarsi di aspettare in modo composto ed educato il treno alla Haptbahnhof, ma salire sulla maledetta bicicletta e pedalare, sempre più forte, fino a che il vento non facesse sanguinare il mio viso, stanco ed inadatto al freddo austriaco.
Pedalare fino a Köflach, già. 

Solo dopo 16 mesi, mi sarei accorto che la strada non solo s'era rivelata sbagliata. 
Ma addirittura mortale.

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