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domenica 23 gennaio 2011

La versione di Barney



Al cinema da solo, in un freddo sabato pomeriggio romano.
E pensi, che tutto sommato Barney t'assomigli un po'. E' la tua versione sgradevole, ebrea, e brutta fisicamente. E più coraggiosa. E quando lo vedi perdere tutto, ovvero l'unica cosa contasse a suoi occhi, sua moglie, non solo simpatizzi. Ma capisci. Anzi: ti chiedi a voce bassa: "come cazzo ti permetti di raccontare la mia vita?"


Barney Panofsky è un produttore di soap opera di Montreal. Accusato da un poliziotto, a distanza di anni, di essere l'omicida del suo migliore amico, e dalla figlia di essere la causa dell'infarto occorso al marito della sua ex moglie, decide di dare al pubblico la sua versione dei fatti.

E' un bel film quello di Lewis. Scritto in modo perfetto e lineare (a quanto pare, il romanzo di Richler da cui è tratto, è un vero capolavoro e si prestava sin dalla nascita ad una trasposizione cinematografica), per niente appesantito dalla durata oltre le 2 ore.
La carica socialmente eversiva di Barney (e di suo padre: uno straordinario Hoffman, da Oscar! Altro che quello moscio ed annoiato di Vi presento i nostri), viene ben messa in luce. Tra una battuta e l'altra vengono distrutte alcune delle nostre istituzioni sociali: matrimonio (i primi due matrimoni non sono solo dei fallimenti: sono dei manuali di cosa non dovrebbe essere un'unione tra uomo e donna), carriera, polizia, amicizia virile, senza che il film diventi mai polpettone filofosico o politico.
Barney è politicamente scorretto, cinico, ubriacone, culturalmente volgare (ha bisogno di appuntarsi la tematiche letterarie con le quali vuole rimorchiare), impulsivo, brutto, coraggioso. Eppure è vivo. E si da da fare.

La storia d'amore, poi, è ben tratteggiata, raccontata con sensibilità, e dolore.
L'insicurezza del protagonista (basso, grasso, sprovvisto di talento) che lo porta a tradire Miriam, la (terza) moglie (bella, brillante, sobria e passionale, cosa avrà trovato davvero in Barney? Forse amore per la sua tenacia?) è sintomatica di una certa volontà autodistruttiva degli "ultimi": il protagonista ha lottato anni per dividere la propria vita con la sua sposa, ma, alle prime difficoltà, molla. Distrugge ciò che aveva tessuto con pazienza per anni. E non c'è più tempo per recuperare.

Momenti cult: Barney che il giorno del suo secondo matrimonio si innamora di quella che diverrà la sua terza moglie, e abbandona la cerimonia per seguirla (senza successo) alla stazione.
E, sopratutto, una scena meravigliosa tra Barney e la sua ormai ex (terza) moglie, nel ristorante dove erano soliti andare quando erano ancora innamorati. L'alzheimer sta facendo il suo corso, e Miriam non riesce a contenere le emozioni, ed a non intenerirsi (c'è ancora amore?) di fronte al suo ex marito, tanto diminuito dalla malattia. Difficile trattenere le lacrime.


Voto 7.5/10

Ps

La Roma anni '70 del film è un po' da cartolina, ma non è male, tutto sommato.

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