Oggi, viaggiavo verso una delle mie tante città maledette. E per un caso stavo ascoltando One of Us, degli Abba. Sapete, quella che nel ritornello dice:
One of us is crying
One of us is lying In her lonely bed Staring at the ceiling Wishing she was somewhere else instead One of us is lonely One of us is only Waiting for a call Sorry for herself, feeling stupid feeling small Wishing she had never left at alle come capita a tutti gli innamorati, di più, a tutti gli amanti (nel senso più puro del termine) traditi, finivo un po' per riconoscermi nel testo. E' un artefizio, certo, le canzoni sono volutamente banali. Parlano tutte d'amori andati, affinché tutti i dementi del mondo vi si possano riconoscere, chiaro. Tutti i dementi compresi quelli che la parola amore manco sanno cosa sia lontanamente. Ma vabé, non è questo il tema: c'è sempre tempo per parlare dei dementi.
Insomma ascoltavo il ritornello "one of us" e mentre mi convincevo che parlasse di me, mi rendevo conto che la locuzione "one of us" implicasse un us, un noi, nos, uns, nous.
Ma, visto come la cosa era finita, non c'era mai stato nessun noi.
C'era stato, anzi, c'è, un io e c'era stato, una vita fa, un lei. Ed è allora che m'è tornato in mente il meraviglioso titolo italiano di un libro di Catherine Dunne: la metà di niente.
Ecco, io ero stato la metà di niente, per cui, ora, canticchiare che "One of us is crying, One of us is lying, In her lonely bed", era non solo grottesco e ridicolo, ma, probabilmente, anche falso.
Ed io ero da sempre un personaggio grottesco e ridicolo. E mediocre. E volgare per la sua piccola insulsaggine. Ma falso, per sfortuna, ancora no.
Vorrei dirti tante cose, ma non trovo le parole. Sappi che ti leggo con piacere.
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